Una vicenda giudiziaria che si trascina da 12 lunghissimi anni è salita alla ribalta della cronaca per via di una sentenza della Corte d'Appello destinata sicuramente a far discutere. Protagonista dell'annosa vicenda giudiziaria è il signor Ruggero Orlando, pubblico impiegato alle dipendenze del Museo Concordiense di Portogruaro, in provincia di Venezia.

Per quattordici volte, tra l'agosto ed il novembre del lontano 2006 aveva regolarmente timbrato il cartellino d'ingresso sul posto di lavoro per poi allontanarsi verso casa e tornare solo in coincidenza con la fine dell'orario per timbrare nuovamente l'uscita.

Fu denunciato per truffa dalla direzione del Museo e mandato a processo

L'uomo, prove alla mano, fu denunciato per truffa dai suoi superiori, dando il via ad un procedimento giudiziario che, in 12 lunghi anni, è arrivato al momento al secondo grado di giudizio, con una sentenza davvero sorprendente da parte del giudice di appello.

Se infatti durante il processo di primo grado il signor Orlando, oggi 65enne, fu condannato a 7 mesi e dieci giorni di reclusione con l'aggiunta di una sanzione corrispondente a 350 Euro dal giudice monocratico, il secondo grado di giudizio ha totalmente ribaltato la sentenza.

Non fu un furbetto del cartellino, perchè aveva annunciato di assentarsi per protesta

Per comprendere questo clamoroso ribaltamento occorre ricordare cosa accadde in quei mesi dell'oramai lontano 2006.

Il signor Orlando lavorava presso la struttura museale veneta con la mansione di addetto alle mansioni di accoglienza. Nell'ambito di una riorganizzazione dei ruoli l'impiegato si ritene vittima di un sotto dimensionamento, per cui decide di annunciare per iscritto una singolare forma di protesta.

Invia una missiva che viene regolarmente protocollata annunciando anticipatamente le sue astensioni dal lavoro per rivendicare i suoi diritti.

Quindi, per quattordici volte nell'arco di tre mesi timbra e ritorna a casa, nella speranza di veder riconosciute le sue rivendicazioni.

Questa singolare forma di protesta, condannata in primo grado, viene riconosciuta dal giudice dell'Appello. Il fatto di aver annunciato formalmente le sue gesta, secondo il magistrato, non può essere considerata una truffa ai danni del datore di lavoro.

Per avvalorare la sentenza, viene tenuta in considerazione anche un parere della Corte dei Conti dove si sostenne che l'amministrazione del museo, ricevuta la lettera, avrebbe potuto considerare quali giorni di ferie quelli derante i quali il signor Orlando metteva in pratica la sua forma di protesta. Adesso manca la cassazione. La parola fine per questa vicenda non è ancora stata scritta.