Avrebbe dovuto essere in carcere da nove mesi, Said Mechaouat il 27enne italiano di origini marocchine che lo scorso 31 marzo si è costituito confessando d'essere l'assasino del povero Stefano Leo, il commesso 34enne ucciso la mattina dello scorso 23 febbraio perché italiano, giovane, bianco, ma soprattutto sorridente e dall'aspetto felice.

Non sono finite le brutte sorprese nel delitto dei Murazzi che oltre Torino, la città dove è avvenuto il crimine dal movente assurdo, ha sconvolto l'Italia intera. Da accertamenti fatti dagli inquirenti in questi giorni in cui è stato convalidato il fermo dell'omicida, emerge che Said aveva una condanna definitiva per maltrattamenti in famiglia verso l'ex compagna e il figlio.

Doveva scontare un anno e sei mesi di reclusione senza la sospensione condizionale della pena, ma nel meccanismo degli uffici giudiziari qualcosa si è inceppato.

Delitto dei Murazzi, l'assassino doveva essere in cella: carte mai arrivate in Procura

Said Mechaouat il 23 febbraio, quando aveva deciso di uccidere e sul lungo Po Machiavelli, dopo aver comprato un set di coltelli, si è seduto su una panchina e ha aspettato 40 minuti finché ha visto passare Stefano Leo, vittima prescelta perché aveva un'aria felice e serena che gli era sembrata insopportabile, doveva essere in cella da un pezzo. L'uomo con un passato violento alle spalle, il 20 giugno 2016 era stato condannato in primo grado per maltrattamenti in famiglia sia verso l'ex compagna che verso il figlio, entrambi sottoposti a percosse e minacce.

La condanna era diventata definitiva nel maggio 2018 quando la Corte d'Appello di Torino ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dal difensore che non ne ha presentato uno alternativo in Cassazione. Said, dunque, doveva andare in carcere dal momento che i giudici non gli hanno concesso la sospensione condizionale della pena per due ragioni.

La prima: quando era minorenne, aveva ottenuto il 'perdono giudiziario' in un processo per rapina, ma appena diventato maggiorenne, ha 'collezionato' altri precedenti specifici. La seconda: non aveva diritto a chiedere misure alternative alla detenzione o sospensioni, perché i maltrattamenti, oltre l'ex moglie, avevano riguardato anche il figlio minore.

Eppure, dalla cancelleria della Corte d'Appello non sono mai partite le carte della sentenza che dovevano essere trasmesse alla Procura per emettere l'ordine di carcerazione nei confronti del condannato. Il presidente, Edoardo Barelli Innocenti, ora dice che ha chiesto una relazione sul fascicolo per capire come sia potuta accadere una cosa del genere. Sembrerebbe che a spiegare l'intoppo nella procedura sia la carenza di personale in Corte d’Appello. Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, ha detto che in questo modo Stefano è stato ucciso due volte e invocato un'immediata ispezione da parte del ministero della Giustizia.

Di fatto, Said è rimasto libero di accumulare denunce per la sua indole violenta, di perdere il lavoro e la casa, di ideare il suo piano omicida e realizzarlo con "fredda lucidità" ed "elevatissima aggressività priva di freni inibitori", come si legge nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip Silvia Carosio.

Stefano Leo, il dolore dei familiari

"Nessuno mi ridarà il suo sorriso": Maurizio Leo, il papà di Stefano, appresa la notizia che l'assassino del figlio doveva essere in carcere, si dice "senza parole e sconfortato": termini pacati nello stile di una famiglia che si ispira ai precetti buddisti di amore, pace, compassione verso il prossimo.

La morte di suo figlio, un cittadino del mondo che amava viaggiare ed era in pace con se stesso e con gli altri, non ha senso, è impossibile da accettare. Ora poi che emerge un ulteriore inquietante e grave retroscena sul killer, tutto è ancora più insopportabile. Ma la famiglia, sebbene tanto addolorata, non riesce a provare rabbia né a incattivirsi. Anche la mamma di Stefano, Mariagrazia Chiri e il suo nuovo compagno Alberto Ferraris, desiderano solo che la giustizia faccia il suo corso e che vengano rispettate le sentenze. Resta in loro, integro, lo stesso ideale di felicità che è stato il movente dell'assurda morte di Stefano.