Fa discutere quanto successo nei giorni scorsi a Mirandola, popoloso centro in provincia di Modena.
Khadija Tajeddine, 28enne di origine marocchina (ma con regolare cittadinanza italiana) ha denunciato - con una lettera inviata al Comune - di essere stata esclusa da una palestra solo perché indossava il velo. L'amministrazione comunale ha già espresso solidarietà alla ragazza, ma il proprietario è irremovibile: "Struttura mia, regole mie".
'Sembri Batman'
Khadija, di professione interprete, vive nel nostro Paese da più di 20 anni e da tempo è attiva nel comitato della pace di Mirandola. Venerdì scorso, come ha raccontato lei stessa in una lettera indirizzata al sindaco di Mirandola, Maino Benatti (Pd) si è vista rifiutare l'iscrizione in una palestra solo perché indossava l’hijab, il velo tipico della cultura e della religione musulmana. "Vesti in modo poco occidentale" le hanno detto.
Khadija, incredula, ha quindi chiesto ulteriori spiegazioni. Il titolare della palestra, però, non le ha fornito una motivazione chiara: si è limitato ad alludere al suo copricapo (senza mai indicarlo in maniera diretta) ed a fare continui riferimenti a Batman ed a suore.
La ragazza ha provato a fargli capire che vive "all'occidentale" e che non è mai andata in giro vestita con i lunghi e neri abiti tipici della tradizione musulmana, ma il proprietario è stato irremovibile ed ha concluso: "La palestra è la mia e le regole le faccio io".
La giovane interprete, amareggiata, quindi, una volta uscita dal centro sportivo ha voluto informare l'amministrazione comunale dell'increscioso episodio. Un atto - da lei definito - di inspiegabile razzismo.
"Conosco la legge ed i principi della Costituzione" ha dichiarato la 28enne - "e quello che mi è accaduto non ha alcuna scusante". Poi, Khadija ha aggiunto precisando che prova un misto di tristezza, delusione e rabbia: "Questa vicenda non caratterizza la Mirandola che conosco, la mia Mirandola ed i suoi abitanti".
'E' l'ennesimo frutto avvelenato'
L’Amministrazione comunale, nelle scorse ore, ha incontrato Khadija e dopo aver condannato, apertamente, l’episodio le ha anche assicurato il pieno supporto per ogni eventuale azione che deciderà di intraprendere per difendere i propri diritti.
In una nota, il Comune di Mirandola ha espresso solidarietà e vicinanza alla giovane ed ha voluto precisare: “La decisione presa dal titolare della palestra è inaccettabile, in quanto lede i diritti fondamentali che sono alla base della nostra civile convivenza". "Purtroppo - si legge in conclusione - ci troviamo di fronte all’ennesimo frutto avvelenato nato da chi, quotidianamente, semina odio e paure”.