“C’è un pazzo che mi insegue”. I poliziotti di guardia all’interno degli uffici del Viminale – sede del Ministero dell’Interno a Roma – lo avevano visto arrivare trafelato quella mattina, per poi sentirsi chiedere aiuto: l’uomo cercava disperatamente di essere sottratto dalla furia di quel giovane che lo stava rincorrendo con una mazza in mano. Ma poco prima una ragazza aveva telefonato al 113 chiedendo aiuto per quello che le era accaduto, ed avvisando di quella strana situazione che si era venuta a creare. Infatti il ragazzo, completamente fuori di sé, che stava inseguendo quell’uomo era il suo fidanzato: voleva punire il quarantenne per aver aggredito la sua dolce metà.

Invece l’inseguito si era reso protagonista di uno squallido episodio di violenza, che ad un anno di distanza l’ha portato ad essere condannato a due anni di prigione.

L’aggressione al termine del turno di lavoro

Quella mattina è cominciato tutto all’alba, lungo via Porta San Lorenzo, a due passi dalla stazione Termini. È il 18 settembre dell’anno scorso: il protagonista di questa storia, L. M., un incensurato di 40 anni, sta tornando a casa dopo aver finito il turno notturno di lavoro. Ad un certo punto scende dalla propria automobile per sgranchirsi le gambe e fare due passi. Nonostante l’ora, la strada non è deserta: infatti incrocia una ragazza diciannovenne. Qualcosa scatta nella mente dell’uomo, che viene colto da una serie di impulsi animaleschi che non riesce a tenere a freno.

Inizialmente le fa alcune avance piuttosto spinte: arriva ad invitarla a consumare con lui un rapporto, all’interno di una delle ultime cabine telefoniche rimaste nella zona. La giovane, spaventata, lo ignora. Ma il bruto non si dà per vinto: la rincorre e poi, una volta raggiunta, le solleva la gonna, per farle la mano morta.

L’inseguimento è terminato negli uffici della polizia

A quel punto la vittima delle attenzioni morbose del quarantenne inizia ad urlare, quindi avvisa il fidanzato che abita nei paraggi: il giovane scende in strada brandendo una mazza. Vedendosi in pericolo, l’autore delle molestie inizia a scappare per rifugiarsi nei locali della polizia, dove racconta di essere inseguito, omettendo però di spiegare quale sia stato il motivo scatenante di quella situazione.

Agli agenti, già al corrente dell’aggressione alla ragazza, non resta che denunciare il 40enne. Ora, dopo poco più di nove mesi, è arrivata la sentenza di condanna per L.M.. Al termine del rito abbreviato il gup Valerio Savio ha inflitto all’uomo una pena di due anni di reclusione per gli abusi alla 19enne. Nel corso del dibattimento il pubblico ministero Andrea Cusani aveva chiesto un anno e sei mesi, ma il giudice ha deciso di aumentare ulteriormente il periodo di detenzione.