Patrizia Armellin e Angelica Comaci devono rimanere in carcere; le due donne, rispettivamente di 52 e 24 anni, sono accusate di aver soffocato e bastonato fino alla morte Paolo Vaj (57 anni) nella abitazione che condividevano a Vittorio Veneto. Secondo il Gip di Treviso sono pericolose e potrebbero uccidere ancora in quanto sono legate da un "rapporto patologico" - nato nel mondo virtuale di Second Life - che le porta a considerarsi, anche nella realtà, madre e figlia ed a escludere chiunque tenti di mettersi tra loro.

Legame surreale

Patrizia, originaria del trevigiano e Angelica, siciliana, si erano conosciute su Second Life e attraverso i loro avatar (ossia i personaggi protagonisti del virtual game) interpretavano il ruolo di mamma e figlia (di 3 anni).

Il loro legame, con il tempo, si era rinsaldato ed era diventato talmente esclusivo e surreale al punto che, a gennaio, Angelica aveva lasciato il suo paese d'origine per raggiungere "mamma" Patrizia ed aiutarla a riprendersi dopo un intervento chirurgico. Le due amiche, trasformando il virtuale in reale avevano, quindi, iniziato a convivere in via Cal dei Romani, a Serravalle di Vittorio Veneto.

Nel frattempo, il rapporto tra la Armellin ed il compagno Paolo Vaj, già complicato, si era ulteriormente incrinato. L'uomo, descritto da Patrizia come violento ed aggressivo, era diventato, agli occhi di "mamma" e "figlia" l'intruso, il "cattivo" da eliminare. E, forse proprio per questo motivo, dopo l'ennesimo screzio, nella notte tra giovedì 18 e venerdì 19 luglio, lo hanno ucciso.

"Volevamo che se ne andasse" hanno ammesso davanti agli inquirenti, spiegando che, in casa, la situazione si era fatta insostenibile.

Potrebbero uccidere ancora

Patrizia e Angelica sono detenute nel carcere della Giudecca a Venezia: dovranno rispondere di omicidio volontario in concorso. Ieri, le due amiche sono comparse, per l'interrogatorio di garanzia, davanti al Gip Piera De Stefani.

Assistite dai loro legali (gli avvocati Marina Manfredi e Stefania Giribaldi) si sono avvalse della facoltà di non rispondere.

Al momento dell'arresto, venerdì, avevano invece sostenuto di aver ucciso Paolo per difendersi dall'ennesima aggressione. La lite sarebbe scoppiata per futili motivi. Il 57enne a cui era stata ritirata la patente per guida in stato d'ebbrezza, avrebbe chiesto alla compagna di accompagnarlo in un locale, ma la donna si sarebbe rifiutata.

La dinamica dell'omicidio, per il momento, non è ancora stata chiarita (ulteriori risposte arriveranno con i risultati dell'autopsia), Il pubblico ministero, che ancora deve determinare le esatte responsabilità, ha però deciso di convalidare l'arresto spiegando che il loro rapporto di "sudditanza psicologica" che lega le due donne renderebbe entrambe pericolose e capaci di uccidere ancora.