Per provare a sconfiggere il Coronavirus potremmo dover rimanere bloccati in casa almeno fino a metà giugno, in particolare se non abbiamo le giuste mascherine sui mezzi di trasporto o in ambiente lavorativo – è la stima che si temeva, ed è purtroppo arrivata da una nuova proiezioni dei dati.

Sulla base dell'attuale andamento dei contagi, infatti, nonostante i miglioramenti degli ultimi giorni, solo nella seconda metà di maggio i nuovi contagiati potrebbero scendere a poche decine al giorno. Da quel momento, sarebbero necessari almeno altre due o tre settimane di stabilizzazione, come sta avvenendo a Wuhan. Così si arriva tra metà e la fine di giugno: un tempo molto lungo per combattere il Covid-19.

Da lì potrebbe partire una ripresa progressiva con attenzione ad evitare una disastrosa seconda ondata, ripresa che ci potrebbe veder tornare alle attività ed ai pieni ritmi lavoro a settembre. Risultati non confortanti, anche considerando che la proiezione è basata sul mantenimento delle misure restrittive a oggi in vigore: bar e ristoranti chiusi e non si può uscire di casa, neanche per una passeggiata.

Cosa hanno fatto gli altri: i tempi di uscita dall’emergenza coronavirus della Cina.

Il 23 gennaio 2020 iniziava il lockdown di Wuhan e della provincia di Hubei, la zona della Cina da cui il Coronavirus si è diffuso prima in patria e poi in tutto il mondo, seminando a oggi oltre 20mila morti. Poco più di due mesi dopo, il 25 marzo, lo Hubei ha potuto festeggiare la fine della quarantena, che sarà estesa anche a Wuhan l’8 di aprile.

Nella Repubblica Popolare, insomma, la fine dell’incubo del Covid-19 si sta facendo sempre più vicina, mostrando al resto del mondo quali potrebbero essere le tempistiche da affrontare. Con un timore, che una riapertura affrettata possa condurre a un ritorno del virus (come segnalato da The Lancet) e che, in ogni caso, la vera ripresa dei commerci (e quindi dell’economia) non possa partire prima di settembre.

E in Italia, come andranno le cose?

Se il nostro paese seguisse il percorso della Cina, la Lombardia e le altre 14 province messe in quarantena già dall’8 marzo potrebbero sognare la liberazione attorno alla seconda settimana di maggio. Un tempo ancora lungo, ma che segnala comunque una luce in fondo al tunnel. Andrà davvero così?

“Non è affatto detto. Temo che per l’Italia sarà molto più lunga della Cina. Purtroppo ancora non si vede il momento in cui verrà raggiunta una crescita dei contagi pari a zero. A Wuhan invece sono ormai giorni che non si registrano nuovi contagi se non da persone giunte da fuori”, spiega a Blasting News Xuejing Zhou, fondatrice e CEO di Techengines, società di fintech con sede a Firenze specializzata nello sviluppo di sistemi di data analytics tramite deep learning in campo bancario e assicurativo.

Techengines ha sviluppato un algoritmo predittivo basato su machine learning, che sfrutta i dati forniti dalla Protezione Civile, le misure prese dal governo, la modalità di trasmissione del virus e altro ancora per provare a prevedere la diffusione del Sars-Cov-2 in Italia, su base quotidiana e quindicinale. Risultato? Già il 16 marzo, l’algoritmo ha correttamente previsto come l’Italia avrebbe superato la Cina entro la fine del mese. Una previsione tutt’altro che facile – considerando che solo dieci giorni fa il numero di contagiati totali nel nostro paese era di circa 28mila – e che verrà confermata già nella giornata odierna, venerdì 27 marzo (ieri abbiamo toccato 80.589 contagi complessivi).

I numeri dell'intelligenza artificiale sulla diffusione del Coronavirus non sono confortanti.

Il sistema messo a punto dalla società di Firenze stima che oggi raggiungeremo infatti quota 85mila contagi, che saliranno a 90mila il 28 marzo e 95mila il giorno successivo. Se l’algoritmo avesse ragione, significherebbe che nei prossimi tre giorni la crescita sarà di 5mila casi al giorno, un numero simile a quello che abbiamo visto nei giorni passati e che mostra come ci sia ancora da aspettare prima di vedere la tanto attesa discesa della diffusione.

“Fino a questo momento le nostre previsioni quotidiane si sono dimostrate accurate, con un margine di errore che va dallo 0,3 al 4,0%”, prosegue Zhou.

“Ovviamente le stime più a lungo termine hanno un margine d’errore superiore, ma stiamo vedendo come quella effettuata da noi il 16 marzo per i successivi 15 giorni si stia purtroppo avverando”.

Non solo: “Oggi vediamo che i contagi continuano ancora a crescere a un ritmo dell’8% circa su base quotidiana”, spiega sempre la fondatrice di Techengines. “Si tratta quindi di qualche migliaio di nuovi casi confermati ogni giorno. Forse a inizio maggio le cose inizieranno a tranquillizzarsi un po’”. I tempi potrebbero quindi essere molto più lunghi di quelli inizialmente prospettati, che qualche giorno fa aveva indicato nel 25 aprile, un giorno già altamente simbolico per il nostro paese, il momento della liberazione dal Coronavirus.

I numeri Coronavirus nel mondo.

Se in Italia la situazione è buia, ancora più complessa è lo scenario nelle altre nazioni europee. A partire dalla Spagna, che nella giornata del 26 marzo si è avvicinata a quota 65mila casi con oltre 6.000 nuovi contagi. “Eppure la Spagna è ancora una settimana indietro rispetto all’Italia. Francia e Germania forse sono due settimane indietro e probabilmente la Gran Bretagna ancora qualche giorno in più”, prosegue Xuejing Zhou.

Una cosa salta però già all’occhio: mentre in Europa la situazione è fuori controllo, in Estremo Oriente l’epidemia di Coronavirus è stata gestita molto più facilmente, soprattutto in paesi come Corea del Sud, Giappone, Singapore e Hong Kong.

“Per molti versi l’Europa è come se fosse un unico paese, in cui gli spostamenti sono quindi più difficili da controllare. È probabile che questo abbia parecchio complicato la situazione”, spiega Zhou.

Colpisce però in particolare come la Corea del Sud – che ai primi di marzo sembrava estremamente a rischio – sia riuscita a contenere l’epidemia nel giro di 2-3 settimane, fermando il numero complessivo di contagiati sotto quota 10mila. In Giappone si stima che i contagiati totali siano invece solo 1.400. Come sono riusciti i paesi dell’estremo oriente in un’impresa così difficile? “Prima di tutto, la cultura ha sicuramente giocato un ruolo. I giapponesi, per esempio, usano sempre la mascherina e cercano generalmente di mantenere la distanza dalle altre persone.

In Europa tutto ciò funziona in modo molto diverso. Inoltre, in quei paesi c’è un senso della disciplina molto forte e la quarantena è stata immediatamente rispettata; mentre in Italia nei primi giorni l’adesione alle misure del governo è stata molto più leggera”.

A questo si aggiungono gli strumenti di “tracciamento digitale” che sono stati utilizzati soprattutto in Corea del Sud e che hanno permesso di controllare gli spostamenti delle persone contagiate (o anche solo a rischio) tramite smartphone. Uniti alla straordinaria diffusione dei tamponi, questi strumenti hanno permesso di arginare e circoscrivere in tempi molto rapidi il contagio. “In Europa utilizzare gli stessi strumenti digitali è più difficile per via della privacy, ma è indubbio che le informazioni ricavabili dagli smartphone possano essere molto utili”.

Proprio in questi giorni, il governo italiano sta studiando il modo di sfruttare il tracciamento digitale anche nel nostro paese. Ma trovare il giusto equilibrio con il diritto alla riservatezza – e garantire che saranno soltanto misure temporanee – sarà molto difficile.