La polizia di Catania, nella giornata del 12 giugno, ha condotto un'operazione denominata 'Promise land', coordinata dalla procura catanese, che si è conclusa con dieci arresti che si sono svolti in tutta la penisola. I destinatari della ordinanza di custodia cautelare sono degli appartenenti ad una associazione criminale, ramificata in varie nazioni, specializza nella tratta delle schiave destinate alla prostituzione.
L'indagine, avviata dopo lo sbarco di migranti, avvenuto nel porto etneo il 7 aprile del 2017 dalla nave Aquarius della ong Sos Mediterranee, ha svelato il retroscena dello sfruttamento di queste giovani.
Ragazze nigeriane vendute in Italia come schiave
È una routine che si ripete ogni volta: donne giovanissime provenienti dalla Nigeria che, per sfuggire alla povertà, sono vendute dalle famiglie a delle persone dedite al mercato di esseri umani. L'Italia, considerata da queste donne come "la terra promessa", al loro arrivo si trasforma in un vero e proprio inferno. L'operazione di polizia ha permesso di arrestare 10 persone nelle città di Catania, Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo, mentre altri quattro indagati sono risultati irreperibili.
Le vittime, sottoposte a pesanti minacce, anche di tipo tribale, sono state reclutate nei villaggi dell'entroterra nigeriano, comprate per pochi soldi, con la promessa di essere regolarizzate con tanto di lavoro legale. Tutto il meccanismo investigativo è stato avviato quando, nel 2017, una delle ragazze, sbarcata dalla nave Aquarius insieme ad altre 433 persone, è stata individuata dalle forze di polizia mentre era intenta a prostituirsi.
L'inchiesta è durata otto mesi
Questa giovane donna ha rivelato di essere stata convinta da un suo connazionale che in Italia avrebbe avuto una vita diversa e sicuramente migliore. Questi si sarebbe offerto di pagargli le spese di viaggio. Ma al suo arrivo ha scoperto la verità: per restituire le spese del trasporto, ammontanti a circa 30 mila euro, avrebbe dovuto vendere il suo corpo.
L'inchiesta, durata otto mesi, ha raccolto prove sufficienti riguardati lo sfruttamento della prostituzione di una ventina di ragazze. Si è stimato l'ammontare della somma guadagnata dagli aguzzini: una cifra pari a un milione e 200 mila euro. Le ragazze sono state denominate "macchine", come è stato evidenziato dalle intercettazioni che hanno permesso di individuare la mente dell'organizzazione, un nigeriano di nome Osazee Obaswon, detto Osa.