Avellino è scossa da un atroce delitto che si è consumato tra le mura domestiche, ieri sera, 24 aprile. Aldo Gioia, 53 anni, è stato ucciso da Giovanni Limata, 23 anni, fidanzato della figlia Elena, 18 anni, proprio con la complicità di lei.

L'uomo è stato raggiunto da sette fendenti che non gli hanno dato scampo. La sua 'colpa' è stata quella di aver cercato di proteggere la figlia appena maggiorenne, opponendosi a una relazione considerata pericolosa. Il delitto, confessato dai due responsabili, sarebbe stato pianificato da tempo. E il piano avrebbe previsto una strage familiare.

Avellino, la ricostruzione del delitto

Secondo la ricostruzione fatta dalla Squadra Mobile e dalla Questura di Avellino che stanno svolgendo le indagini su delega della Procura irpina, tutto è avvenuto in pochi istanti. Ieri sera, poco dopo le 22 e 30, per il coprifuoco le strade sono deserte: Giovanni Limata entra nel portone del palazzo dove abita la famiglia Gioia, in corso Vittorio Emanuele, al centro di Avellino. Ad attenderlo c'è la fidanzata Elena che gli apre la porta dell'appartamento al quinto piano fingendo di andare a buttare l'immondizia. In soggiorno Aldo Gioia, suo padre, geometra dipendente dell'azienda Fca di Pratola Serra, si è addormentato sul divano davanti alla tv. In un'altra stanza, ci sono la moglie e l'altra figlia.

Limata, a volto coperto, in un attimo gli è addosso: impossibile tentare una reazione difensiva. Armato di un grosso coltello da cacciatore, lo colpisce con sette coltellate. Lo lascia a terra, ancora vivo, in una pozza di sangue. Il trambusto fa accorrere la madre e la sorella, disperate chiamano il 113 e l'ambulanza. Elena simula un tentativo di rapina.

Giovanni fugge, poi anche lei: si rifugiano a casa sua nel comune di Cervinara, a una cinquantina di chilometri dal capoluogo. Aldo Gioia, giunto in condizioni gravissime al pronto soccorso dell'ospedale Moscati di Avellino muore poco dopo.

Fermati, confessano: pianificavano la strage

L'indagine, coordinata dal procuratore di Avellino, Domenico Airoma, parte immediatamente.

La svolta al caso, arriva alle prime luci dell'alba. Prima gli inquirenti ascoltano a lungo la moglie della vittima e l'altra figlia che, in stato di shock, inizialmente non riescono a parlare. Emerge un grave quadro indiziario a carico di Elena e del fidanzato. Il padre ucciso contrastava la loro relazione perché Giovanni, più grande della figlia di cinque anni, è un pregiudicato con problemi di droga. A causa sua, c'erano state già discussioni in famiglia, l'ultima proprio ieri sera era culminata in una lite furibonda. In passato, il ragazzo aveva affrontato il 'suocero' arrivando a minacciarlo con una sciabola.

Nel frattempo, gli inquirenti trovano tracce di sangue sulle scale e nell'androne del palazzo.

Esaminano i messaggi sui cellulari della famiglia Gioia. Scattano le ricerche dei due che vengono rintracciati a casa del ragazzo e portati in Questura. Incalzati dalle domande degli inquirenti, confessano. Le accusa nei loro confronti sono gravissime: di omicidio volontario per lui, e di concorso in omicidio pluriaggravato per lei. Anche l'esame dei loro cellulari dove sono rimasti tutti i messagggi che si sono scambiati fino a pochi minuti prima del delitto e che non hanno pensato di cancellare, conferma l'intento dichiarato: avrebbero voluto uccidere l'intera famiglia di lei, per poi scappare. Dopo aver ucciso il padre, infatti, sarebbe dovuto toccare anche alla madre e alla sorella, ma il piano è fallito perché il ragazzo ha fatto troppo rumore.

La madre avrebbe dovuto essere uccisa perché anche lei osteggiava la relazione. La sorella, in quanto testimone scomoda. I due sono stati trasferiti nel carcere di Bellizzi Irpino in attesa della convalida del fermo. L'arma del delitto è stata sequestrata dagli investigatori.

Il precedente, la strage di Novi Ligure

Una città, quella di Avellino è scossa, una famiglia è distrutta. Impossibile non associare il delitto al precedente che si consumò nel 2001 a Novi Ligure e sconvolse l'Italia. Due fidanzati, Erika e Omar, uccisero la mamma e il fratellino di lei di 11 anni, con 97 coltellate. Erika ed Omar erano più piccoli di Elena e Giovanni, avevano rispettivamente 16 e 17 anni. Anche loro, di fronte a un amore osteggiato dai genitori e a un desiderio insoddisfatto di libertà e indipendenza, pianificarono la strage.

Avevano infatti progettato di uccidere anche il papà della ragazza, ma all’ultimo minuto Omar si tirò indietro e andò via. I due hanno scontato la pena e si sono rifatti una vita. Erika si è laureata in Filosofia e si è sposata. Omar ha una moglie e un figlio.