Matias era solo quando suo padre che tanto amava, l'ha colto di sorpresa: è entrato in casa per poi ucciderlo barbaramente, accoltellandolo alla gola. Probabilmente aveva la chiave dell'abitazione il manovale polacco disoccupato di 44 anni, Mirko Tonkow, che da due mesi aveva il divieto di avvicinamento al figlio, alla moglie e all'abitazione familiare a Cura di Vetralla, in provincia di Viterbo.

Gli investigatori al lavoro stanno ricostruendo la dinamica del delitto, avvenuto nel primo pomeriggio di martedì 16 novembre. Tonkow è stato arrestato per l'omicidio del figlio di 10 anni.

Per gli inquirenti un'esecuzione premeditata per far pagare alla sua compagna e mamma del bambino, Marjola Rapaj, albanese di 37 anni, la fine della relazione con lui.

Vetralla, nessun segno di effrazione sulla porta di casa

Sulla porta dell'abitazione al secondo piano al civico 6 di stradone Luzi a Cura di Vetralla non c'è alcun segno di effrazione. Forse martedì Mirko Tomkow è semplicemente entrato nella casa dove aveva abitato fino ai primi di settembre e ha sorpreso il figlio mentre faceva i compiti, o aveva appena finito di mangiare. Marjola, ricoverata in stato di shock all'ospedale Belcolle di Viterbo, lo stesso in cui si trova anche Mirko in coma etilico dopo aver ucciso il figlio, si è confidata con il cappellano dell'ospedale, don Dante Daylusan Villanueva.

Gli ha riferito che aveva raccomandato al figlio di non aprire la porta a nessuno, neanche a suo padre. Sabato scorso, però, la donna si era accorta che le mancava una chiave, "non so se l'ho persa o se me l'aveva presa Mirko, ma avevo comunque deciso di cambiare la serratura: troppo tardi", ha confidato al sacerdote la mamma disperata.

Martedì, lo zio Ubaldo, marito della sorella di Marjola, con la delega è andato a prendere Matias a scuola mentre la mamma che fa la colf era al lavoro. Gli aveva proposto di pranzare insieme, ma il bambino aveva preferito tornare a casa: la mamma, che sarebbe tornata prestissimo, aveva lasciato tutto pronto. Forse, per un istante, Matias è stato persino contento di vedere quel papà violento, specie dopo aver bevuto, tornare a casa.

Ma il bambino si sarebbe reso conto in fretta che voleva fargli del male: ha tentato di scappare, ma il padre l'ha riportato a casa. Una vicina l'ha sentito scendere di corsa le scale. Ma quando suo padre gli ha urlato 'vieni subito qui', Matias ha ubbidito consegnandosi al genitore. La vicina ha poi sentito Marjola strillare, ha pensato che il polacco di cui tutti avevano paura stesse di nuovo picchiando la compagna e ha chiamato i carabinieri, ma il peggio era già accaduto.

Vetralla, Matias in un cassettone con nastro adesivo su bocca e naso

Emergono particolari difficili da raccontare. I carabinieri della Scientifica hanno trovato Matias senza vita nel cassettone del letto con del nastro adesivo su bocca e naso.

L'autopsia svolta oggi sul corpo del bambino, dovrà chiarire la dinamica dell'omicidio e accertare se sia morto per soffocamento, o se fosse ancora vivo quando il padre l'ha aggredito con una lama.

Finora è stato accertato che il coltello con cui ha ucciso il figlio, l'ha preso dal cassetto delle posate in cucina. Ma l'uomo aveva portato con sé della benzina con la quale aveva imbevuto le lenzuola del letto dove giaceva il figlio ucciso, con l'intento di dare fuoco al corpo del bambino. Forse, la sostanza infiammabile esalata, associata all’alcol ingerito, l'ha ridotto nello stato di incoscienza, associato a un coma etilico, in cui è stato trovato e in cui ancora è in ospedale. Condizione che ha finora impedito agli inquirenti di interrogarlo.

Vetralla, maresciallo dei carabinieri: 'Si confidava ma non denunciava'

Il maresciallo della locale stazione, Stefania Andolfi, chiamava Marjola ogni giorno per accertarsi che la donna fosse al sicuro. L'albanese le aveva riferito lunedì che andava tutto bene e che il marito non si era più fatto vedere. Con lei si confidava, ma non denunciava.

Come chiarito dal procuratore della Repubblica di Viterbo, Paolo Auriemma, l'indagine su Tomkow non è partita da lei, la persona offesa, ma da una segnalazione ai carabinieri fatta da un'amica. In caserma non è andata lei, ma l'amica: in seguito Marjola aveva confermato tutto, ma senza mai sporgere una denuncia formale. Erano emerse minacce di morte, violenze fisiche e verbali iniziate mentre Marjola era incinta, addirittura con un calcio in pancia.

Ad agosto Mirko, in preda all'alcol, le aveva detto: "Ti ammazzo, ti do fuoco con la benzina e poi mi ammazzo". Con il figlio, invece, non era mai stato violento. "Che arrivasse a fare del male a Matias non l'avevo pensato. Chissà cosa c'è nella sua testa, la mia ormai è vuota come il mio cuore", ha confidato Marjola al cappellano dell'ospedale. Pensava che uccidesse lei, mai il figlio.