Nella giornata di sabato 29 Luglio un gruppo di talebani ha fatto un falò a Herat per bruciare una serie di strumenti musicali, un gesto che ha dato segnali culturali ben precisi in linea con la visione islamica dell'attuale governo che ha ritenuto "immorali" gli strumenti in questione.
Gli strumenti musicali incendiati dai Talebani
Decine di strumenti musicali sono stati inceneriti dai talebani sabato 29 Luglio, in un falò organizzato proprio a questo scopo nella provincia occidentale di Herat (Afghanistan) in una zona desertica.
Nelle immagini diffuse su Twitter dal governo afghano si riescono a distinguere tra le fiamme del rogo chitarre, tamburi, strumenti a corda, casse, amplificatori e diverse tipologie di attrezzature. Si tratta soprattutto di strumenti sequestrati a privati e a professionisti dalle autorità della polizia morale nelle ore precedenti. Si conta che il falò dei talebani abbia mandato completamente in fumo migliaia di dollari. Solitamente queste attrezzature erano utilizzate per i festeggiamenti dei matrimoni, e in alcuni casi si trovavano già nelle location predisposte. Le ragioni dietro a questo gesto non sono assolutamente da ricercare in ambito economico, ma si rifanno alla visione islamica legata alla Sharia che il governo porta avanti da quando è tornato al potere.
La musica è immorale
Nel corso della storia ci sono stati vari esempi di regimi che hanno messo in atto politiche di censura e restrizioni nei confronti dell'arte. Essa infatti, nelle sue varie forme, può rappresentare un forte veicolo per il dissenso popolare che le dittature hanno sempre cercato di evitare. Il regime talebano in Afghanistan non fa eccezione alle regole della storia. Il capo del Dipartimento per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio Sheikh Aziz al-Rahman al-Muhajir ha applaudito l'azione compiuta nel deserto di Herat affermando che la musica "è una forma di corruzione che inganna i giovani e porta alla distruzione della società".
Tra le leggi promulgate dai talebani, infatti, ci sarebbe anche quella che impone il divieto di suonare o di riprodurre qualsiasi tipologia di musica in pubblico, matrimoni ed eventi culturali compresi.
Inoltre il divieto è esteso anche ai programmi televisivi, alle trasmissioni radiofoniche e a tutti gli incontri sociali in generale.
Le conseguenze
Sulla questione non ha esitato ad intervenire Ahmad Sarmast, fondatore dell’Afghanistan National Institute of Music, intervistato da BBC. Ha asserito, senza utilizzare mezzi termini, che si tratta di un vero e proprio “genocidio culturale e vandalismo musicale". Per Sarmast "al popolo afghano è stata negata la libertà artistica" e l'incendio che ha ridotto in polvere le attrezzature musicali è solo un piccolo esempio di ciò che sta avvenendo nel paese. Il gesto dei talebani sta spingendo molti artisti, musicisti e cantanti a rifugiarsi lontano dal loro paese natale o a cercare asilo negli stati occidentali.
Alcuni sono stati perseguitati, altri hanno subito discriminazioni verbali o addirittura percosse da parte delle autorità. La scena musicale e le tradizioni di un paese culturalmente ricco come l'Afghanistan rischiano di perdersi a causa delle centinaia di restrizioni e dei numerosi controlli fatti dalla polizia morale. Le strette talebane stanno di volta in volta cancellando i residui di libertà e di incontro in tutto il paese, precludendo interamente anche diversi settori lavorativi e fonti di reddito come nel caso delle chiusure di parrucchieri e saloni di bellezza.