Proseguono serrate le indagini per fare luce sulla morte di Vera Schiopu, la giovane moldava 25enne trovata impiccata lo scorso 19 agosto in un casolare diroccato nelle campagne di zona Sferro, al confine tra Ramacca e Paternò, territorio della Città metropolitana di Catania.

Nella mattinata di oggi, martedì 22 agosto, si è tenuto l'interrogatorio di garanzia disposto dal giudice per le indagini preliminari di Caltagirone nei confronti dei due indagati romeni: il 33enne fidanzato della vittima, Gheorghe Ciprian Apetrei e Costel Balan, 31enne, suo amico.

I due devono rispondere dell’accusa di concorso in omicidio.

Una svolta importante per far luce sul fatto di cronaca che ha sconvolto la comunità locale potrebbe arrivare dall’esame autoptico: il consulente tecnico della Procura, il medico legale Maria Francesca Berlich, ha disposto l’esecuzione di una tomografia assiale computerizzata su tutto il corpo della donna per verificare la presenza di eventuali lesioni o fratture; subito dopo si terrà l’autopsia che prevede anche degli esami tossicologici.

L’accusa: suicidio simulato

Dall’inchiesta che prosegue senza sosta emergono nuovi particolari significativi che incastrerebbero i due uomini, come il ritrovamento di tracce di sangue nella casa dove Vera viveva con il suo fidanzato da parte dei carabinieri.

Secondo l’accusa è lì che la ragazza sarebbe stata uccisa, per poi essere spostata subito dopo nel casolare in cui è stata rinvenuta. Ci sono poi le incongruenze nei racconti degli indagati, le diverse escoriazioni sul corpo della vittima, la corda stretta attorno al collo ritenuta non abbastanza resistente per reggere il peso di Vera e i suoi piedi che sfioravano il pavimento a far insospettire i militari già durante il primo sopralluogo: sono tutti elementi che rafforzano la tesi accusatoria e che hanno spinto il procuratore facente funzioni di Caltagirone, Alberto Santisi, a richiedere la convalida del fermo.

La difesa: indagati “sono arrivati dopo”

I due ragazzi intanto continuano a dichiararsi innocenti. Costel Balan attraverso il suo legale di fiducia, l'avvocato Alessandro La Pertosa, ricostruisce la sua versione dei fatti: dichiara di aver sentito urlare Gheorghe, di essersi precipitato in quel casolare e di essersi trovato di fronte la ragazza impiccata.

Stando a quanto dichiarato, avrebbe cercato di calmare il suo amico disperato e nel frattempo avrebbe chiamato i soccorsi sanitari.

Il difensore penalista dichiara che il suo assistito sostiene di non sapere altro, di cosa sia successo negli ultimi istanti di vita di Vera e che in sua difesa ci sono le immagini registrate dalle telecamere di sicurezza del fondo agricolo di proprietà di sua moglie.