La Farnesina continua a lavorare per riportare a casa Cecilia Sala, giornalista de Il Foglio e autrice del podcast "Stories" di Chora Media, arrestata in Iran lo scorso 19 dicembre.
Le autorità iraniane non hanno ancora, almeno ufficialmente, fatto sapere il motivo per cui Sala sia detenuta. Una delle ipotesi rilanciate da alcuni quotidiani italiani è la cosiddetta "diplomazia degli ostaggi", che coinvolgerebbe anche gli Stati Uniti. È arrivata però immediato l'intervento in merito di Antonio Tajani, ministro degli affari esteri italiano, che a Radio1 ha chiesto di "evitare di fare strumentalizzazioni e polemiche".
L'ipotesi diplomazia degli ostaggi e la smentita di Tajani
Il governo di Teheran, nelle sue azioni di politica estera dettate dal regime Pasdaran, in passato ha fermato più volte cittadini stranieri per scambiarli con concittadini arrestati all'estero. L'ipotesi è che Cecilia Sala possa essere usata come contropartita per liberare Mohammed Abedini e un altro uomo, ingegneri svizzero-iraniani arrestati all'aeroporto di Milano-Malpensa sotto ordine statunitense.
I due detenuti sono accusati dai procuratori della Corte federale di Boston di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Stati Uniti all'Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni contro l'Iran e anche di aver fornito il supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica, considerate per gli americani un'organizzazione terroristica.
Fra i primi a collegare l'arresto di Sala con quello di Abedini, l'analista geopolitico Nima Baheli, uno dei maggiori esperti in Italia di Iran e Medio Oriente.
Ma il ministro Antonio Tajani precisa: "Tutto si svolge nel massimo riserbo. La detenzione del cittadino iraniano - Abedini - si svolge nel rispetto delle regole, nella tutela delle persone che non sono condannate, ma noi stiamo lavorando per la liberazione di Cecilia".
Dopo l'isolamento, arriva la visita dell'ambasciatrice italiana in Iran
Dopo ore di silenzio, in cui Cecilia Sala non ha potuto comunicare con nessuno dalla sua cella di isolamento nella prigione di Evin a Teheran, le è stato permesse di chiamare brevemente la madre, a cui ha comunicato solamente di essere in custodia ma di stare bene, e il compagno e giornalista de Il Post, Daniele Raineri.
Per otto giorni Cecilia Sala è rimasta in cella di isolamento nella struttura emblema della repressione del governo della Repubblica islamica di Ali Khamenei e luogo destinato alla detenzione di dissidenti politici e personaggi "scomodi" al regime.
Ieri la prima visita dall'arresto: l'ambasciatrice italiana in Iran, Paola Amedei, ha potuto incontrare la giornalista, consegnandole abiti e cibo, per constatare le sue effettive condizioni di salute e confermando quando riferito dalla stessa Cecilia Sala sette giorni fa. La notizia, spiegano le fonti del ministero degli affari esteri e dell'Unità di Crisi, è stata rivelata solamente adesso perchè le trattative con il governo iraniano sono in corso e una diffusione immediata del fatto avrebbe potuto far partire i negoziati in maniera negativa.
Chi è Cecilia Sala e cosa faceva in Iran
La ventinovenne Cecilia Sala ha iniziato la carriera da giornalista freelance lavorando con testate quali Vice, l'Espresso e Vanity Fair. In contemporanea arriva l'esordio in TV sulla Rai, ma soprattutto ad Otto e mezzo e Servizio Pubblico con Michele Santoro, vero trampolino di lancio. Poi nel 2019 è passata al suo attuale lavoro con Il Foglio e dal 2022 è diventata autrice e voce del podcast di Chora Media "Stories".
La giornalista si trovava in Iran da una settimana, a raccontare come già fatto in passato le storie di giovani donne e uomini iraniani in lotta contro il regime degli ayatollah. Dal 12 dicembre aveva registrato e pubblicato già tre puntate del suo podcast e il 19 avrebbe dovuto pubblicare la quarta.
Ha intervistato la comica iraniana Zeinab Musavi, arrestata dal regime per gli sketch di uno dei suoi personaggi. Aveva parlato con Hossein Kanaani, uno dei fondatori delle Guardie rivoluzionarie che per quasi cinquant'anni aveva contribuito a creare l’estesa rete di milizie filo-iraniane operanti in mezzo Medio Oriente. Poi era arrivato l'arresto nella mattina del 19 dicembre a Teheran, un giorno prima di imbarcarsi sull'aereo che l'avrebbe riportata a Roma, anche se la notizia è stata diffusa pubblicamente in Italia solo una settimana più tardi.