Il mondo culturale e artistico, tutto riunito nell’avvento della nuova edizione del prestigioso Torino Film Festival, aveva previsto una protesta colossale in merito ai licenziamenti degli impiegati Rear, addetti alla sorveglianza e alla pulizia della Mole Antonelliana, sede del Museo del Cinema (amministratore, non a caso, anche del TFF); tuttavia, il primo vagito del festival si è rivelato meno sonoro e distruttivo del previsto.

Il 23 Novembre, primo giorno della trentesima edizione del festival torinese, un gruppo estremamente esiguo (circa una ventina di individui) di manifestanti dell’Unione sindacale di base (Usb), inviperiti per il proprio licenziamento e lo sfruttamento subito, ha accolto gli illustri e poliedrici artisti dinnanzi al Lingotto, inneggiando cori altisonanti contro gli uomini di cultura e adottando come padrino del dissenso il regista inglese Ken Loach, menzionato anche nei volantini distribuiti ai passanti con il vivace slogan “Ken I love you”.

Lo scalpore più profondo, infatti, è stato suscitato nei giorni precedenti dal duro comunicato del regista di “Pane e rose”, film correlato ai problemi lavorativi, e dell’ultimo lungometraggio presentato al TFF “The Angels’ share” Ken Loach. L’audace britannico, a cui era destinato il premio Gran Torino alla carriera, immensamente solidale con la tragica situazione degli impiegati della Rear, la cui condizione gli era stata illustrata dalla segretaria dell’Usb, ha disertato il festival. Le sue incisive parole sono state: “Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita.

Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni. Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio".

Eppure, nonostante il rifiuto idealista del regista, l’aggressiva replica del direttore artistico Gianni Amelio e gli schieramenti intellettuali venuti a crearsi, l’arte sbocciata da questo evento, benché leggermente adombrata, non è deceduta né s’è assopita ma ha proseguito determinata il suo cammino animata dal pensiero bohemienne “the show must go on”.