Inizia da qui il mio trip nell'universo Pink Floyd, dall'album di esordio della band inglese, in formazione 1.0:
- Syd Barrett chitarra/voce
- Roger Waters basso
- Richard Wright tastiere
- Nick Mason batteria
E non c'è bisogno di nient'altro per creare una composizione di suoni che entrerà nella storia della musica.
Questo disco stupefacente è il primo e l'ultimo dei The Pink Floyd (Sound) sotto la direzione di Syd Barrett; la band fu l'evoluzione de The Tea Set, la cui formazione prevedeva anche il chitarrista blues Bob Klose, ma la sua predilezione per la chitarra acustica lo portò ad abbandonare la band.
Il 5 agosto 1967 esce nel Regno Unito The Piper at the Gates of Dawn - Il pifferaio alle porte dell'alba- titolo ispirato da un romanzo di Kenneth Grahame.
Per capire quest'opera è d'obbligo inquadrarla temporalmente: nel gennaio 1967 i Doors esordiscono con il loro album omonimo; a febbraio esce Surrealistic Pillow, il cuscino surreale con il quale i Jefferson Airplane accompagnarono nelle sperimentazioni della summer of love di San Francisco; a marzo i Velvet Underground & Nico urlano al mondo che per avere un po' di Heroin si deve Waiting for the man.
I Pink Floyd si fanno conoscere con il resoconto del loro viaggio cosmico-lisergico, Astronomy Domine, l'opening track del disco. Una voce distorta comunica dalla terra, la chitarra ad ottave introduce la batteria che permette al basso di creare la base per un pezzo stellare.
Nasce la magia: basso, batteria e tastiera creano fondamenta solide sulle quali neanche le svisionate della chitarra in salsa LSD di Barrett - intrecciata con la sua voce - riescono a smarrirsi. "Salve, siamo i Pink Floyd. E questa è la nostra dimensione".
Per provare a tornare sulla terra, parte l'ossessivo riff di Lucifer Sam, dove il gatto Lucifer danza ritmi orientali.
Il successivo Matilda mother anticipa le fiabe narrate dai menestrelli del prog rock, con deliziose rifiniture del tastierista Wright. Ma ecco che le sonorità lisergiche tornano con forza con Flaming, viaggio con suoni fantastici "da solo nelle nuvole, dove tutto è blu".
Ma perché non passare ad un po' di jazz? Ci pensa il maestro Wright con il suo solo di piano in Pow R.
Toc H, sostenuto dal giro di basso ripetuto all'infinito di Waters scosso solo dalla chitarra e dalle urla di Barrett nel finale. Parte poi l'unico pezzo del disco firmato Roger Waters, Take up thy stethoscope and walk, dove il bassista dà un assaggio delle sue liriche poetiche,che troveranno piena espressione nell'album The Dark Side of the Moon. Ma adesso è il momento del capolavoro di Barrett Interstellar overdrive: per 10 minuti torniamo a viaggiare con i Pink Floyd. La regola del pezzo è semplice: intorno al riff martellante, ripetuto da strumenti diversi, si sviluppa una jam session dalle sonorità acide, aspre, che fanno tornare l'ascoltatore nello spazio, tra asteroidi, alieni e alienazioni di vario genere.
Brano di grande impatto live, più volte suonato dal gruppo durante i concerti, dove veniva condito da psichedeliche proiezioni che mandavano in orbita i fan. Allucinante.
Basta, l'effetto sta svanendo, si torna sulla terra. È la fine del disco: dalla ballata fantasy The Gnome, passiamo alla preghiera Chapter 24, allo spaventapasseri rassegnato di The Scarecrow. L'ultima traccia è Bike, dove frasi infantili vengono sostenute dall'immancabile Wright, per poi terminare con l'ultimo schizzo di suoni psichedelici conditi da una voce inquietante.
Il viaggio è finito. Rimettere il disco per ricominciare.