Vincent Cassel contro la mafia del doppiaggio in Italia. L’attore francese non le ha certo mandate a dire – non è nel suo stile – e, intervenendo nel corso della trasmissione radiofonica Hollywood Party, su Radio Tre, si è lasciato andare ad un commento molto diretto. Dopo aver ascoltato un estratto del suo ultimo film, intitolato “Un momento di follia”, VincentCassel ha dapprima ammesso che “non è una bella sensazione” sentire una voce altrui sovrapposta al proprio volto, poi ha specificato che, tutto sommato, è meglio che una pellicola vada nelle sale in questa forma piuttosto che non andarciaffatto.

Sembrava finita, invece è arrivato l’affondo: in Italia è quasi impossibile vedere un film non doppiato, ha detto Cassel, “è un’altra mafia, la mafia dei doppiatori”.

La mafia dei doppiatori

Del termine scelto da Cassel – mafia – si può senz’altro dire che è infelice o inappropriato o chissà cos’altro. La questione, però, rimane: che in Italia sia quasi impossibile vedere un film non doppiato è di fatto vero. La discussione su questo argomento non è nuova, ma si trascina da tempo, dividendo appassionati e addetti ai lavori frachi è a favore e chi è contrario al doppiaggio. Tolti i casi in cui attori di diverse nazionalità partecipano ad uno stesso lavoro ed è impossibile far recitare tutti in modo credibile in una stessa lingua, il doppiaggio si presenta in effetti come una sovrastruttura di cui sembrerebbe di poter fare a meno, purché le immagini siano corredate di idonei sottotitoli.

In questo modo, si ascolterebbero le voci vere di molte star, scoprendo ad esempio lo splendido timbro di Tom Hanks e quello per certi versi deludente di Ed Norton.“I sottotitoli”, precisa però Pino Insegno, “esprimono una sintesi che molto toglie alla ricchezza del linguaggio”, perché, talora, per garantire una immediatezza di lettura, si opta perespressioni più sintetiche, che rischiano di sviare nel riassunto.

Doppiare e tradurre

Eppure, è giusto ammettere che, a volte, il lavoro svolto dai doppiatori italiani si è rivelato uno straordinario valore aggiunto. In Il Gladiatore, Luca Ward fornisce una prova eccezionale nel dare voce a Massimo Decimo Meridio: sarebbe bastato Russell Crowe? Forse, ma il doppiaggio italiano si apprezza tanto quanto il resto del film.

In Full Metal Jacket, Eros Pagni dà voce al sergente istruttore Hartman contando sull’indubbio vantaggio di poter attingere a piene mani da quella gigantesca riserva di vocaboli,espressioni gergali, parolacce e sfumature che è la lingua italiana, raggiungendo un risultato superiore, in termini espressivi, rispetto all’originale. Per contro, esistono doppiaggi non all’altezza degli originali e casi in cui i doppiaggi non riescono per l’impossibilità di rendere specifiche sfumature culturali, come accade all’accento scoppiettante del tenente Aldo Raine (Brad Pitt) in Inglorious Basterds.

Leggere un testo, come vedereun film, in lingua originale è fondamentale, ma bisogna ammettere che un doppiaggio ben realizzatoè equivalente ad una traduzione di alto livello.

Trasferire un originale in una lingua diversa è lavoro da specialisti, però, e, allo stesso modo, prestare la voce ad un attore straniero è un’operazione che solo un altro attore può portare a termine nel modo giusto. La discussione risvegliata da Cassel è tutt’altro che chiusa, quindi, se non per dire che gli unici doppiaggi di cui è meglio fare a meno sono quelli mal fatti. Senza dimenticare di direche, in tutto ciò, la mafia non c’entra proprio nulla.