Bob Dylan è Premio Nobel alla Letteratura 2016. Un’investitura unica, che rappresenta un importante passo avanti nel riconoscimento della musica, e del folk in particolare, come un genere letterario a se stante e non più come una figlia bastarda della letteratura. Bob Dylan, 75 anni a maggio, chiude così il cerchio di un percorso iniziato con Woody Guthrie e Pete Seeger e portato avanti da Johnny Cash, Tow Waits, Bruce Springsteen e Eddie Vedder, per cui una canzone non è più soltanto un elenco di parole su accompagnamento musicale, ma un pezzo di storia, di arte e di vita, il cui valore è pari, se non alle volte superiore, a un romanzo, un racconto, una poesia.

E non poteva essere altrimenti, checché ne dica Alessandro Baricco. L’unica accusa che si potrebbe muovere all’Accademia di Stoccolma è che questo riconoscimento arriva, forse, un po' troppo tardi.

Perchè proprio Bob Dylan? Il valore culturale della musica nella storia americana

Buona parte della letteratura americana affonda le sue radici nella musica: dagli spiritual e dal blues degli schiavi nelle piantagioni di cotone, passando per le dust bowl ballads e le canzoni contro la guerra in Vietnam, arrivando poi alla scena rock più recente, l’America trova nella musica la sua più reale eredità culturale. Ed è proprio in questo panorama che Bob Dylan si inserisce a pieno titolo, come recita la motivazione a seguito del conferimento del Nobel: "Aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana." Blowin’ In The Wind, Like A Rolling Stone, The Times Are A-Changin’: ogni strofa di Dylan ha saputo cogliere al meglio le fasi della storia americana dagli anni ’60 a oggi, attraverso scelte a volte azzardate, ma mai banali.

Basti pensare al continuo trasformismo cui il cantautore ha sottoposto le sue canzoni e se stesso nel corso degli anni.

Io non sono qui, le sei vite di Bob Dylan nel biopic del 2007

Uno dei pochi che ha saputo cogliere e interpretare questo trasformismo nella musica e nella persona è stato sicuramente Todd Haynes che, insieme a Oren Moverman, ha sceneggiato e diretto il biopic Io non sono qui sulla vita di Dylan.

Il film racconta infatti le vicende salienti della vita dell'artista attraverso sei personaggi, sei archetipi della poetica dylaniana, ognuno dei quali ha il volto di una star di Hollywood: il Poeta (Arthur Rimbaud) interpretato da Ben Whishaw, il Profeta (Jack Rollins) che ha la voce e i tratti di Christian Bale, il Fuorilegge (Billy McCarty) che ha il volto di Richard Gere, il Falso (Woody Guthrie), il Martire del rock ‘n’ roll (Jude Quinn) che ha le fattezze di una superba Cate Blanchett e la Stella Elettrica (Robbie Clark) interpretata dal compianto Heath Ledger. A oggi, Io non sono qui resta l’unica pellicola sulla vita di Bob Dylan che abbia avuto l’approvazione dell’artista, che compare per pochi secondi prima dei titoli di coda.