Oggi giovedì 17 novembre Elif Shafak sarà dalle 19 in poi al Teatro del Verme, per presentare il suo ultimo romanzo “Tre figlie di Eva”, in cui tre donne diverse tra loro rappresentano tre anime diverse della Turchia contemporanea. E per l’occasione la Shafak racconterà nuovamente cosa vuol dire essere scrittrici donne in un paese in cui ancora il sessismo è all’ordine del giorno, e in generale come il paese sia ancora molto arretrato e anti democratico.

Tre figlie di Eva

Il romanzo, edito Rizzoli, è raccontato dal punto di vista di tre ragazze completamente diverse.

La prima è Shirin e rappresenta la peccaminosa: è una ragazza che non vuole sapere nulla dell’islam, poiché pensa sia una religione che opprime la condizione della donna. Mona è invece una donna per metà americana e per metà egiziana, e rappresenta in questo caso la credente: ella è infatti una donna praticante, porta il velo e critica chiunque attacchi l’islam. Infine c’è Peri, che incarna la dubbiosa: ha tante incognite in testa e non sa cosa è veramente giusto e cosa è veramente sbagliato. Insieme, le tre protagoniste ed eroine del romanzo, raccontano e rappresentano come il loro bel paese, appunto la Turchia, non stia facendo passi in avanti, ma indietro, cadendo spesso in espressioni di estremismo sessista e divieti insensati, il tutto confezionato dal fantastico, quanto critico, punto di vista femminile.

‘Stiamo perdendo la democrazia’

Elif Shafak si è fatta comunque già conoscere nel panorama letterario sia per aver pubblicato altri romanzi di spessore (come “La bastarda di Istanbul”), sia per aver fatto dichiarazioni shock nei confronti della Turchia. In più di un’occasione ha dichiarato quanto sia difficile essere uno scrittore nel suo paese, soprattutto se sei una donna.

La Shafak oggi vive a Londra, città che le dà maggior respiro e sicurezza, e si proclama in tutto e per tutto una femminista. La scrittrice sostiene, oltre ai diritti delle donne, anche i diritti LGBT (Lesbiche, Gay, bisessuali e transgender), comunità che deve fare quotidianamente i conti con un governo che non riesce ad accettare le diversità.

La sua professione le permette così di esprimere la sua necessità nel denunciare argomenti difficili come i delitti d'onore, l'incesto, la violenza di genere, lo stupro, l'omofobia, e la condizione delle donne in Turchia, che non può essere nascosta. La scrittrice infine ribadisce come gli scrittori e i giornalisti non abbiano in Turchia libertà di pensiero: nel suo paese c’è ancora molta tensione e poca armonia. Si contano più di centotrenta giornalisti in prigione, e gli scrittori, accademici, ed intellettuali in generale sono stati giudicati, criticati e a volte anche citati in giudizio. Questa è la Turchia del 2016, un paese bigotto e radicato ad una mentalità arcaica, privo di ogni pluralismo e diversità.