Venerdì 16 dicembre 2016 alle ore 19,00 aprirà i battenti la mostra "Colors" del fotografo bolognese Paolo Gotti, che occuperà diversi spazi lungo il passaggio coperto di Corte Isolani a Bologna fino al 31 gennaio 2017. Abbiamo intervistato Paolo Gotti che ci racconta del suo progetto.

Come mai il colore è così importante per gli artisti?

Paolo Gotti - Perché il colore è intimamente legato alla luce, come diceva il pittore tedesco Hans Hofmann “in natura, la luce crea il colore, nella pittura il colore crea la luce”. Inoltre la luce è ciò su cui si basa la fotografia, che imprime le diverse sfumature cromatiche sulla pellicola.

Secondo me il colore in un’immagine fotografica deve trovare sempre la sua giustificazione. Nulla è mai casuale, ogni elemento trova il suo equilibrio. Solo così l’immagine funziona. Non a caso il bianco e nero per quanto mi riguarda è sempre associato a un’indagine sociale o di reportage, a un contenuto ben preciso. La foto a colori invece trasmette innanzitutto un’emozione, uno stato d’animo soggettivo.

Su cosa si focalizza il progetto fotografico COLORS?

Paolo Gotti - Per realizzare la serie fotografica ho selezionato dal mio archivio quelle immagini in cui il colore è il vero protagonista, tutte molto diverse tra di loro: il giallo della facciata di una casa, le sfumature dal rosa al blu dell’oceano, il verde di un prato fiorito, il rosso della lamiera su cui spicca il bianco di un ideogramma cinese, l’azzurro degli occhi di una donna e molte altre.

Inoltre ho pensato che potesse essere interessante collegare ogni fotografia alle parole pronunciate da alcuni celebri pittori a livello internazionale, tendendo così un filo sottile ma significativo tra queste due arti, che sono più simili di quanto si possa immaginare. Questa analogia si riflette in particolare nella foto dell’albero, per metà reale e per metà dipinto.

Quali sono gli artisti a cui fa riferimento nel progetto?

Paolo Gotti - Sono 13 artisti di diversa provenienza e generazione. Dal giapponese Ika Hokusai al francese Marcel Ducamp, dall’americano Edward Hopper alla messicana Frida Kalho fino al nostro Fortunato Depero. Anche se l’intero progetto si può riassumere nell’opinione di Pablo Picasso, per il quale “tutto ciò che puoi immaginare è reale”.