Corre l'anno 1633. Padre Rodriguez (Andrew Garfield) e Padre Garupe (Adam Driver), due missionari gesuiti portoghesi, si incamminano alla volta del Giappone, alla ricerca del loro mentore, Padre Christovao Ferreira (Liam Neeson) il quale, partito in missione in Giappone con l’intento di evangelizzare gli abitanti e convertirli al cristianesimo, abbandona invece la propria fede senza fare più ritorno.

Scopriranno presto la crudeltà dello shogunato, impegnato a reprimere con grande ferocia le piccole comunità che tengono viva la fede cristiana e andranno incontro a un nuovo calvario, una persecuzione che li vedrà patire un vero e proprio martirio.

Riflessioni sulla fede

Tratto dal romanzo “Silenzio” scritto nel 1966 dallo scrittore giapponese Shūsaku Endō, il nuovo film di Martin Scorsese arriva nelle sale dopo un lungo periodo di incubazione, dopo una serie di riflessioni del regista stesso sul tema della fede e della spiritualità religiosa.

Il film sembra rappresentare la vicenda di un nuovo Golgota ed ha per protagoniste figure che, nel dipanarsi della storia, assumono sempre più un sembiante che ricorda la figura del Cristo evangelizzatore, la figura del Cristo che si lascia perseguitare e torturare pur di salvare il popolo di Dio.

In particolare ad Andrew Garfield, che regala una interpretazione così umanamente intensa ma a tratti così metafisica, è affidato il compito di inscenare il travaglio spirituale del Pastore, chiamato a scegliere tra l’adorazione del suo Dio e la salvezza del suo popolo.

Fino alla fine il gesuita dovrà pagare il prezzo di questa scelta, in un crescente tormento interiore, che culminerà con l’abiura alla propria fede cristiana per ottenere in cambio la salvezza di tante vite.

La forza del silenzio

Scorsese offre un’abile prova nella resa cinematografica di un romanzo intriso di poesia e di dolente religiosità, generando in più momenti del film una serie di fotogrammi che assomigliano più che altro a dipinti, a delicati affreschi.

Infatti, la profonda interiorità che caratterizza tutta l’atmosfera del film è esaltata dal potente fascino delle immagini, che mostrano spesso i paesaggi avvolti nella nebbia e rendono con precisione il senso di misticismo che permea l’intera pellicola.

A conferma dell’intento didascalico del regista, ciò che più impressiona del film è proprio la forza del silenzio.

Il silenzio visto come la sola vera dimensione della spiritualità, come l’unica stanza privata nella quale è possibile esercitare l’arte della fede, lontano dai simboli esteriori e dagli idoli che, pur parlando, restano invece tutti muti.