Greco d'origine ma romano per affiliazione artistica. Nato il 23 marzo del 1936 al Pireo, il famoso porto di Atene, teatro naturale di battaglie e trame storiche millenarie, Jannis Kounellis ha sempre custodito in cuor suo il sentimento del distacco e della distanza, temi cari e assai ricorrenti nel suo portato artistico. Appena ventenne approda a Roma, varcando le porte dell’Accademia di Belle Arti sotto il magistero, fra gli altri, di Franco Gentilini, Mino Maccari, Ferruccio Ferrazzi e Toti Scialoja.

Il battesimo della galleria

Dal 1960, l’anno della sua prima personale allestita presso la galleria romana La Tartaruga in via del Babuino, la carriera artistica di Kounellis è un perenne crescendo di successo di pubblico e, fatto insolito in quegli anni, di critica.

Sin da quella data, con il giovane greco ancora studente, è chiaro il tratto distintivo della sua idea di arte: un pieno, totale, fiducioso e indiscriminato connubio con gli infiniti probabili fruitori dell’opera d’arte, intima raison d’être della stessa.

I 12 cavalli di Senza Titolo

Nove anni dopo Kounellis diventerà celebre in seguito all’esposizione-perfomance Senza titolo: 12 cavalli vivi presso la galleria L’Attico di Fabio Sargentini. Gli animali in movimento sono il metaforico incontro tra Natura e Uomo, o meglio l’Umanità tutta, e il ruolo dell’artista si riduce a mero strumento di congiunzione tra i due mondi, conflittuali eppure intrinsecamente legati l’un l’altro. Da questo episodio in poi tutta l’arte di jannis kounellis si muove intorno alla centralità del pubblico, destrutturando in tal modo il fare dell’artista al livello di semplice “innescatore” del dialogo tra l’espressione artistica e le persone.

Un vecchio Ulisse senza Itaca

Così si definiva pochi anni fa Jannis Kounnelis. Eppure dagli anni Settanta in poi il greco del Pireo è approdato sulle sponde dell’arte e delle gallerie e dei musei di tutto il mondo. Nel 1972 ha partecipato per la prima volta alla Biennale di Venezia. Da lì in poi i suoi emblematici sacchi di iuta, cumuli di pietre, legni di riuso, sassolini di carbone e altri materiali ancora hanno sfondato il confine materiale della tela issata sul cavalletto per ridefinire nella sostanza e nella materia l’oggetto artistico tradizionale.

Una messa in discussione lucida e disinvolta dell’arte è il lascito di Jannis Kounellis a poche ore dalla sua scomparsa.

Appare oggi attuale più che mai la definizione di Germano Celant, il teorico dell’arte povera, che nel 1960 discutendo intorno a tale neonata formazione di ingegni parlava della «messa in discussione della realtà e del tentativo di riflettere e far riflettere su di essa attraverso opere realizzate con i più svariati materiali e ambientate in luoghi non abitualmente frequentati dall’arte». L’accento antico e trascendentale del maestro greco è stato l’oggetto della mostra Kounellis. 14 disegni / 1991 presso il MUSMA di Matera fino al giorno della sua scomparsa, il 16 febbraio scorso.