Uno dei migliori film offerti finora in concorso dalla 68esima edizione della Berlinale: ‘Dovlatov’ di Alexey German Jr.
‘Dovlatov’ si racconta una settimana della vita di Sergei Donatovic Dovlatov nel novembre degli anni Settanta a Leningrado. Sconosciuto durante la sua vita, in quel periodo lavora come giornalista e cerca invano di pubblicare i suoi lavori.
Il periodo di disgelo (ottepel’) è già finito ed inizia l’epoca della stagnazione (zastoj), dove la politica di Brezhnev è diretta contro gli intellettuali, uno dei quali è Sergei Dovlatov ed i suoi amici: scrittori, poeti e pittori.
In quella grigia e fredda Leningrado seguiamo il pensieroso Dovlatov che va alle riprese di un film, di cui deve scrivere una recensione per mostrare la potenza di un altro simbolo sovietico: “la nuova Nave”. Non riuscendo a farla come vorrebbero i burocrati della cultura del regime, che vorrebbero fosse di pura propaganda, non viene riconosciuto il suo talento e senza il loro beneplacito, i suoi lavori non vengono pubblicati da nessuno parte, a causa di ciò non verrà mai ammesso come membro dell’Unione degli scrittori.
In quel periodo chi non è membro dell’Unione degli scrittori e non può pubblicare nulla, per cui non era nessuno. Per questa ragione, Dovlatov soffre molto e passa il suo tempo alle riunioni di gli artisti come lui.
Questi incontri sono l'unico rifugio per loro e la loro arte. Ma lì si inizia a capire le motivazioni delle persone creative e il perchè lottino per la verità e vorrebbero pubblicare i loro lavori senza condizionamenti o censure. In una di questi riunioni incontra un'altra figura molto famosa in futuro, un caro amico di Dovlatov –Iosif Brodsky (nella versione originale del film si può sentire come chi interpreta Brodsky, legga le sue poesie nello stesso tono e cadenza del poeta da vivo).
Il film descrive perfettamente e in modo reale l'atmosfera del momento storico descritto e la vita non solo degli artisti, ma di tutti cittadini sovietici dell’epoca: le loro paure e i loro sogni. Nonostante la sofferenza, la burocrazia e la dura vita, non c’è nessuno che incolpa di questo le autorità sovietiche. Invece, il film è pieno di un’amara ironia a cui, ad un certo punto, subentra la tristezza, perchè si capisce che la vera letteratura russa ha perso la sua grandezza. Autori di talento non vogliono né scendere a compromessi né lasciare la patria. Sono lasciati nel dubbio e nell’incertezza del domani.