Vincenzo Gambardella è un autore napoletano trapiantato per lavoro a Milano, ma i suoi scritti hanno quasi sempre - "freudianamente" insita - una percentuale di memoria del Sud. Dai ricordi dei suoi avi in "Seduto sulla tempesta" (Marietti, 2006), anno in cui si è fatto conoscere al grande pubblico, col tempo ha firmato anche altri testi con stilemi ed argomenti diversi.
Abbiamo apprezzato, ad esempio, "Il cappotto istriano" (Marietti, 2008), un "gioiellino" di stile che fa pensare ad un Landolfi inedito. Dopo "Vinicio sparafuoco detto Toccacielo" (Ad Est dell'Equatore, 2014), ed un testo dal tono favolistico, "Splendore dei randagi", pubblicato sempre con la casa editrice di Carlo Ziviello, lo scrittore partenopeo torna in libreria con un libriccino particolare, "Spicchi di Calderon, pièce per burattini, marionette, pupazzi, o quello che volete voi" (Ensemble edizioni).
Di cosa si occupa l'autore in questo volume?
Prende a sostegno del suo progetto artistico il conio di tre opere di Calderon de la Barca ("Il gran teatro del mondo", "La vita è sogno", "Il magico prodigioso") e le attualizza alla contemporaneità che stiamo vivendo, disegnando la metafora autodistruttiva dell'autore che, creando, si fa personaggio. Nascono, quindi, "La recita" che mette in scena un autore-Dio: "io penso il male, perché spero nel bene e perché attraverso l'arte e la finzione del teatro credo possibile un dialogo". Questi insegue, baciando, la Bellezza, mentre il Mondo, il Re, la Legge, un bambino ed un povero intersecano le loro vite recitando le parti loro assegnate fino ad un esito confusionario ed implosivo.
Nella seconda pièce, "Il sogno di Sigismondo, o la storia del vaso rotto", Sigismondo il balbuziente combinaguai si scontra con il prof. di matematica Astolfi, e gli dimostra che dal falso si può dimostrare il vero e che non conta la logica solo formale, ma ciò che si è stati nell'infanzia. In "Cipriano e il demonio", la lotta è tra il mondo del sogno - rappresentato dal ricordo che Cipriano ha dell'amata Giustina - e le formule iettatorie di un demonio, con un finale di pazzia e confusione.
In "Pedro la pulce" - racconto che chiude il volume - avviene la trasformazione inusitata del grande scrittore Pedro Calderòn de la Barca in una pulce: "Dio ha voluto farmi capire che quello che avevo inventato era vero? Che l'arte è la vita e la vita è un sogno (…) Ma io come sono diventato? Sono diventato come il mio personaggio Sigismondo…". Secondo Gambardella, "il dramma è vita".