Questo secondo weekend aprilante ha portato via con sé alcuni importanti nomi della storia del Cinema, dell'arte e dell'immaginazione. Sabato si è spento ad 88 anni il maestro Vittorio Taviani che, insieme al fratello Paolo, ha firmato alcune delle pagine più profonde e coraggiose del cinema italiano. Stranamente però, è arrivata forse un po' in sordina la notizia della morte, venerdì 13 aprile, del regista Milos Forman. Il grande maestro cecoslovacco è deceduto ad 86 anni nella sua casa in Connecticut.

Storia, azione e fantasia in uno solo genio

Un artista eccentrico, visionario e, al tempo stesso, un esteta raffinato, con un pensiero socialmente e politicamente determinato. Il nome ed il linguaggio di Forman sono sempre stati contraddistinti dalla tendenza di una sintesi romantica e atmosferica della storia e dei personaggi che ne hanno contraddistinto un determinato periodo. Impossibile non associare il regista a quello che da molti è considerato il suo capolavoro, "Qualcuno volò sul nido del cuculo", tratto dal romanzo di Ken Kesey che nel 1975 vinse anche il Premio Oscar, mettendo per la prima volta in scena un mondo che sembrava voler essere dimenticato, grazie anche alle indimenticabili performance di Jack Nicholson, Louise Fletcher e Danny De Vito.

Il film lanciò Milos Forman nell’olimpo dei dei grandi cineasti di Hollywood, proprio nel momento in cui gli studios ricevevano i contraccolpi creativi dei vari Coppola, Lucas e Spielberg. Rappresentante tipico di una certa cultura cinematografica europea naturalizzata americana, Milos Forman ha sempre dimostrato grande attenzione alle dinamiche che lo hanno fatto appassionare alla macchina da presa, inserendo i canoni tipici della comicità comica e dolente di Chaplin e Keaton, all'interno di una poetica essenzialmente provocatoria, anche nella trasposizione storica di personaggi importanti.

'Amadeus', teatralità e polemiche

Un esempio fra tutti è Amadeus, altro premio Oscar nel 1984, con cui riuscì a sfruttare la spettacolarità autentica della vita e della partiture di Wolfgang Amadeus Mozart per riscrivere la storia del genio di Salisburgo in una chiave essenzialmente teatrale, dinamica e sulfurea, ma non attinente in toto alla realtà della sua vita e della sua morte.

Un film che ancora oggi desta numerose polemiche, soprattutto in ambito musicale, a causa della distorsione totale sulla figura del suo "antagonista"; il grande compositore Antonio Salieri. Una capacità di intesi concettuale e sentimentale, che è riuscita anche a destare gli animi sulle figure e le arti, forse troppo raccontate; come nel caso dello showman Andy Kaufman che, nel suo "Man on the moon", porta il volto e la sensibilità spiccata di un grande personaggio che a Kaufmann deve molto della sua influenza.

Esponente della Nouvelle Vague cecoslovacca

Forman si fece conoscere anche nella sua ex Cecoslovacchia dei primi anni sessanta facendo parte, assieme a Jiri Menzel, Jan Nemec e Ivan Passer della Nova Vlna: una sorta di Nouvelle Vague cecoslovacca che sfruttò il grande schermo per mettere in ridicolo il sistema oppressivo e violento della presenza sovietica nei paesi dell'Est-Europa, negli anni '70 e '80.

Nel 1979 Forman approda al musical, con "Hair"; un progetto naturalistico, pacifista, a tratti decadente, con il quale egli portò l'universo degli Hippie, ormai prossimo al tramonto, sui grandi palcoscenici di tutto il mondo. L'ultima vera prova d'artista di Forman risale al 2006 con "L’ultimo inquisitore", sceneggiato da Jean Claude Carriere, direttamente ispirato alla figura storica di Francisco Goya. Qui è il regista ad incentrare un discorso sull'arte come una sorta di dardo eversivo, lanciato al cuore delle più insensate forme istituzionali del potere.

In programma vi era la sceneggiatura dal titolo, " Il fantasma di Monaco", scritto dall’amico e allora ex presidente della repubblica Vaclav Havel sulla conferenza e l’accordo di Monaco con il quale nel 1938 si decise l’annessione della regione cecoslovacca dei Sudeti, a maggioranza tedesca, alla Germania nazista.

Un regista e un artista, amato e odiato, controcorrente e controverso, ma sicuramente capace di far lasciare un segno tangibile, sul modo di raccontare la storia e la meraviglia.