Il regista sudcoreano Kim Ki-duk è deceduto in Lettonia in seguito a complicazioni causate dal Covid-19. L'uomo aveva 59 anni e il prossimo 20 dicembre ne avrebbe compiuti 60.

Nella sua carriera ha vinto il Leone d'oro e del Leone d'argento al Festival di Venezia, l'Orso d'argento per la regia al Festival del Cinema di Berlino, oltre che il premio Un Certain Regard al Festival di Cannes.

Dagli esordi fino al successo

Nato da una famiglia umile di provincia a Bonghwa, a 9 anni si trasferisce a Seul coi genitori. Finita la scuola dell'obbligo, a 17 anni, a causa della difficile situazione economica della famiglia, è costretto a lavorare come operaio, poi a 20 anni si arruola in marina per un periodo di cinque anni.

Nel 1990 abbandona la Corea del Sud e si trasferisce a Parigi: qui coltiva la sua passione per la pittura e si mantiene vendendo i suoi quadri, avvicinandosi poi al cinema.

La sua carriera cinematografica inizia come sceneggiatore. Nel 1992 torna da Parigi in Corea dove vince il suo primo premio della Korea Film Commission e successivamente l'anno seguente, realizza la sua prima regia con il film "Coccodrillo". Nel '97 e nel '98 arricchisce il suo successo con altri due film, intitolati rispettivamente "Yasaengdongmul bohogu-yeok" e "Paran daemun".

Successivamente nel 2000, con il film intitolato "L'isola", partecipa alla Mostra del Cinema di Venezia, finché nel 2003 il film "Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera" gli conferisce un'importanza da regista riconosciuto in tutta Europa.

Un regista che ha scritto la storia del cinema sudcoreano

Influenzato anche dal periodo in cui è stato arruolato nell'esercito, Kim Ki-duk è riuscito in ogni suo film a trasmettere emozioni che lo hanno portato a raggiungere l'approvazione degli spettatori in tutto il mondo. Nel 2004 vince con "La samaritana" l'Orso d'argento per la regia al Festival del Cinema di Berlino.

Il suo film forse più famoso, intitolato "Ferro 3 - La casa vuota" vince un Leone d'argento alla Mostra del Cinema di Venezia e una candidatura al David di Donatello.

Dopo tre anni senza pellicole all'attivo, nel 2011 torna sul grande schermo con "Arirang", che vince il premio Un Certain Regard al Festival di Cannes. Successivamente nel 2012 il film "Pietà", ispirato all'opera di Michelangelo, vince il Leone d'oro a Venezia e nel 2014 esce "One no one", come atto di accusa verso il suo paese d'origine.

Infine nel 2016 torna alla Biennale di Venezia con "Il prigioniero coreano", distribuito in Italia solo due anni dopo.

All'interno delle sue pellicole il regista tratta di temi profondi e dai toni forti: dalla violenza, alla marginalità fino ai problemi sociali più disparati. Kim Ki-duk aveva la capacità di creare delle opere d'arte con budget minimi.

Il regista si è spento in Lettonia, dove aveva deciso di acquistare una casa.