Tutte le terre emerse che si affacciano sul'Oceano Pacifico - dalla costa occidentale dell'America del Sud fino all'Alaska, attraversando le Aleutine fino al Giappone, l'Indonesia e la Nuova Zelanda del sud - sono spesso soggette a continui sconvolgimenti geologici.

Nel corso della storia, più dei tre quarti di terremoti si sono verificati in questi territori dove, tra l'altro, sorgono circa 600 vulcani attivi. L'intera zona viene identificata come anello di Fuoco, i cui margini si possono ottenere tracciando una linea di congiunzione tra i vari punti nei quali si sono verificati eventi sismici ed eruzioni vulcaniche.

Sono stati registrati, infatti, colossali eruzioni in Indonesia e catastrofici sismi in Cile, e soprattutto lungo le coste si sono verificati i fenomeni più pericolosi.

Questa zona sensibilissima, detta "Anello di Fuoco", è un' area di grande intensità sismica e vulcanica che comprende circa 330 vulcani attivi, ed è soggetta a circa 3.000 scosse ogni anno. Un movimento continuo della roccia provocato dalle elevate temperature vulcaniche che liquefano, creando masse di magma surriscaldato, che finisce per aprirsi un varco per la sua attività vulcanica. Pochi terremoti hanno superato la violenza di quello del Kanto, uccidendo tantissime persone

Il grande terremoto del Kanto

Erano i primi di settembre del 1923, verso mezzogiorno: la terra sotto la Baia di Sagami iniziò a spaccarsi, scatenando un'ondata di distruzione che colpì l'intera pianura del Kanto, dove sorgono Tokyo e l'importante porto di Yokohama.

Una scossa di intensità 8,3 della scala Richter che durò 5 minuti e venne seguita da uno tsunami devastante, un maremoto che distrusse il litorale. Un secondo sisma, dopo appena 24 ore, devastò la regione del Kanto.

Quando il Terremoto colpì le due città, molte famiglie stavano preparando i pasti sui loro hibachi, i bracieri a carbone presenti in ogni casa giapponese.

Nel giro di pochi minuti, la scossa causò il crollo di migliaia di abitazioni che, al contempo, presero fuoco, impedendo così a diverse persone di salvarsi. Gli incendi appiccatisi in seguito ai crolli delle strutture risultarono indomabili, e la popolazione fuggì con quel che poteva alla ricerca di un rifugio.

I superstiti si accamparono ovunque; le scosse si susseguirono, e alcune furono così violente da far crollare i pochi edifici rimasti ancora in piedi.

I residenti, inebetiti, non ebbero la forza di reagire. Secondo i dati finali, circa 100.000 persone trovarono la morte, 40.000 scomparvero senza lasciar traccia, mentre altre 100.000 riportarono ferite. I senzatetto, invece, toccarono la soglia del milione e mezzo.

Le statistiche non bastano per frenare questi cataclismi che stanno diventando sempre più violenti in tutto il mondo; i bilanci di queste tragedie sono drammatici, e ancora oggi dobbiamo vedercela con questi terribili fenomeni, specialmente lungo le nostre coste, dove il clima sta cambiando e gli effetti atmosferici stanno diventando violenti e brevi.