Quando sul calendario scorgiamo certe combinazioni tra giorni della settimana e numeri, spesso ci vengono i brividi. Chi è particolarmente superstizioso, fa gli scongiuri e si lascia condizionare a tal punto da evitare appuntamenti importanti per quelle date 'funeste', poiché teme possano 'portare sfortuna'. Ma a cosa è dovuto questo atteggiamento ostile nei confronti di innocue associazioni numeriche? Esiste un fondamento a tale paura?

Paese che vai…

In realtà, l’avversione alla data odierna appartiene più che altro alla cultura anglosassone, influenzata dalle credenze celtiche e dalla mitologia scandinava, per la quale la nascita di un tredicesimo, crudele semidio di nome Loki, avvenuta in seguito a 12 benevoli fratelli, avrebbe determinato la fobia del numero tredici, portatore di crudeltà e sciagure, tali e quali a quelle inflitte dal perfido personaggio.

Persino tra le civiltà assiro-babilonesi serpeggiava il terrore del tredicesimo numero. Giungendo immediatamente dopo il 12, numero considerato sacro perché si presta a molteplici divisioni eque, il 13 ne sconvolge la precisione, creando il caos, dunque la 'sfortuna'.

Ma esiste una teoria più vicina alla nostra cultura, sempre legata a fatti religiosi, in cui il numero 13 sarebbe portatore di sventure. Si tratta di una teoria legata all’Ultima Cena di Cristo, alla quale presero parte proprio 13 commensali. La cena si concluse con il tradimento di Giuda che condusse Gesù Cristo al patibolo. Esistono dunque tutti gli elementi perché un destino crudele venga riservato a chi osa sedere a tavola in compagnia di dodici persone: uno di essi correrebbe il rischio di finir male.

Ancora un’altra teoria, risalente al IV secolo a.C. e legata a Filippo II, re di Macedonia e padre di Alessandro Magno, spiegherebbe tale credenza. Pare che il re avesse peccato di presunzione nei confronti delle 12 divinità dell'Olimpo, facendo costruire una statua con le proprie sembianze che sistemò arrogantemente accanto a quella degli dei.

Per questa grave insubordinazione fu punito da Zeus che lo fece assassinare da una sua guardia del corpo.

Perché il venerdì ci spaventa?

Neanche il venerdì gode di buona fama nelle superstizioni popolari. Fu proprio di venerdì, infatti, che Adamo ed Eva addentarono il frutto proibito. Ma, ancora meno rassicurante, la spiegazione cristiana: i vangeli indicano il venerdì come giorno della crocifissione di Cristo, per cui, culturalmente, il venerdì è legato alla penitenza ed alla mestizia.

L’Eptacaidecafobia, ovvero la paura del 17

Nel nostro Paese esiste però un numero meno amato del 13: il 17.

Il motivo per il quale il numero 17 incute un certo timore è legato ad un banale quanto interessante anagramma delle lettere romane da cui è formato: XVII, se disposto in maniera differente, può diventare VIXI, verbo latino che significa 'ho vissuto' e, di conseguenza, legato alla morte. L'espressione è infatti frequente sulle lapidi. Ad enfatizzare la paura del numero 17 (scientificamente chiamata Eptacaidecafobia), ha provveduto ancora una volta la Tradizione cristiana, secondo la quale il diluvio universale si è scatenato proprio il diciassettesimo giorno del secondo mese.