La Cassazione, con ordinanza n. 509/2020 dell'11 gennaio, stabilisce che alla donna che abbandona, anche solo per due giorni, il tetto coniugale per poi ritornare a seguito di un ripensamento, vada addebitata la separazione nel caso in cui comunque si proceda successivamente allo scioglimento del vincolo coniugale.

L'addebito della separazione legale dall'ordinamento italiano

Inutile negare che la pratica dell'addebito della separazione, tutt'oggi esistente nei connessi procedimenti giudiziari, nasconda sentimenti di rabbia e frustrazione che la rottura di matrimonio inevitabilmente genera.

Ciononostante la riforma del diritto di famiglia del 1975 abbia intenzionalmente voluto abbattere il principio della colpa nell'ambito delle separazione tra coniugi.

L'argomento è, oggi, disciplinato dall'art. 151 del Codice Civile. il quale individua i presupposti in presenza dei quali, indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, è possibile richiedere la separazione, ovvero la sussistenza di fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. Il medesimo articolo, al secondo comma, rimanda al giudice la valutazione e conseguente eventuale decisione, ove ne ricorrano le circostanze e sia richiesto, circa il possibile addebito della separazione ad uno dei due coniugi.

A fronte di tale previsione normativa, le ipotesi di accoglimento delle richieste di separazione sono state accolte dai tribunali anche in tutti quei casi in cui siano state dalle parti esplicitati meri litigi nella vita quotidiana, disaffezione e/o distacco spirituale di una o entrambi coniugi, tali da comportare una oggettiva impossibilità di proseguire con la convivenza.

Le motivazioni dell'ordinanza della Cassazione

Con queste motivazioni gli Ermellini hanno ritenuto inammissibile, in sede di legittimità, il ricorso della ex moglie alla quale è stato attribuito l'addebito della separazione in primo e secondo grado: non è stato ritenuto sufficiente l'impianto probatorio, costruito in entrambi i gradi di giudizio, secondo cui la donna si era trovata costretta ad allontanarsi dalla casa familiare a causa della condotta, lesiva della propria persona, tenuta dal marito.

Tale decisione, in buona sostanza, è stata considerata - proprio per l'assenza di elementi comprovanti una verità diversa - volontaria e unilaterale, costituendo evidentemente la stessa la principale motivazione di scioglimento del vincolo coniugale. Irrilevante è stato, pertanto, ritenuto il fatto secondo cui la donna, successivamente intenzionata a tornare presso la sua abitazione matrimoniale, sia stata impossibilitata ad entrare a causa del cambio della serratura della porta di ingresso, operata dal marito solo dopo 2 giorni di allontanamento.