Secondo il Censis, le famiglie italiane “ stanno affrontando un’autentica prova di sopravvivenza”, stretti dalla crisi e oppressi dal rigore economico, riscoprono l’intraprendenza personale e la solidarietà, discostandosi dalle istituzioni sempre più lontane.

La fotografia del paese, nell’ultimo biennio, evidenza come la ricchezza delle famiglie si sia in pratica dimezzata, soprattutto nel ceto medio, passando da, 26,000 € a 15,600, con una riduzione del 40,5%, facendo ritornare il reddito medio pro-capite ai livelli del 1993.

In particolare nell’ultimo ventennio, la quota di ricchezza per il ceto medio, composta di (beni mobili e immobili), è diminuita del 18%, attestandosi al 48,3%, determinando un netto calo del patrimonio famigliare e un aumento dell’indebitamento pari all’82%, mentre per chi possiede una quota di entrate superiore a 500,000 € l’andamento potenzialmente al rialzo.

E per sopravvivere, gli italiani vendono oro e preziosi (circa 2,5 milioni), l’85% riscopre il pane fatto in casa, affidandosi all’orto fai da te e alle cooperative, tagliando sprechi ed eccessi, mentre il 73% va alla ricerca di offerte meno costose, riducendo gli spostamenti col proprio mezzo di trasporto, con un conseguente risparmio di carburante.

Secondo il rapporto annuale, la dinamica principale della crisi, è la perdita di lavoro, soprattutto nell’ultimo biennio, con 2,5 milioni di persone in cerca di occupazione, tendenza destinata ad aumentare il prossimo anno, quando andranno perduti solo nel primo trimestre, circa 118 mila posti di lavoro.

In questo clima di evidente difficoltà, il sentimento che accomuna il 43% degli italiani è la rabbia, paura e frustrazione si colloca al (27 %) e solo il 20% ha voglia di reagire. Per buona parte di essi, il 44%, la colpa è imputabile alla crisi della politica, seguita dal clientelismo e dagli sprechi (26%), mentre il 30% all’evasione fiscale, solo una minima parte si scaglia contro l’euro e le speculazioni finanziarie delle banche di casa nostra.

Dall’indagine del Censis, emerge un altro fattore che separa le famiglie dalle istituzioni, cioè il non sentirsi coinvolti nella vita politica, perché sospettosi delle strategie tecniche – governative che non attuano proposte di percorso comune, trovando rifugio solamente nella religione, considerando la fede, un rapporto di comunanza, ma soprattutto un momento di speranza e di affidamento per un futuro migliore.