Alcuni giorni fa il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge volto a definire quello che sarà il ruolo delle Province nel futuro o meglio il loro "non-ruolo" in attesa della riforma costituzionale che ne sancirà l'abolizione. Il ddl prevede infatti per le Province un progressivo svuotamento di potere tanto che si parla già di "decreto svuota poteri".

Il ministro Delrio ha spiegato in una conferenza stampa le linee essenziali del provvedimento basate sostanzialmente su un "principio semplificatorio" secondo il quale le competenze delle province verranno trasferite a unioni di Comuni e città metropolitane.

Queste ultime, di cui si parla da decenni, saranno in tutto dieci e coincideranno con le aree di Roma, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Bari e Reggio Calabria, definite dal ministro come zone cruciali per lo "sviluppo strategico del territorio" e per attrarre investimenti.

Con questa manovra verrà tagliata la classe politica comprendente la giunta provinciale, gli assessori e i consiglieri. I nuovi responsabili saranno individuati nei sindaci dei rispettivi capoluoghi e il consiglio metropolitano sarà eletto dagli stessi sindaci. Nonostante Delrio abbia parlato di una "potenziale elezione diretta a partire dal 2017", questo nodo ha suscitato diverse polemiche proprio perché i nuovi enti saranno guidati da organismi non direttamente eletti dalla base.

Queste "elezioni di secondo grado" sono infatti state definite da Antonino Saitta, presidente dell'UPI (Unione Province Italiane), come un "elemento anti-democratico" sintomo dell'effetto-Porcellum, la famigerata legge elettorale che ha eliminato la possibilità di esprimere preferenze alle elezioni nazionali. Il ministro Delrio, dal canto suo, ha ribattuto alle critiche indicando come i sindaci siano a loro volta scelti dai cittadini e come anche il Presidente della Repubblica, "la più stimata carica del paese" non abbia un'elezione diretta.

Tuttavia le critiche non si spengono qua. Saitta ha infatti sottolineato come nel disegno di legge non siano citati uffici periferici dello Stato come Prefetture, Questure o Provveditorati agli studi e alle opere pubbliche che agiscono, appunto, su base provinciale. Secondo Saitta senza toccare gli apparati dello Stato non si avrà un risparmio consistente, ma anzi si potrebbe andare incontro a nuovi problemi nell'ambito dei servizi a causa della riduzione delle risorse.

L'intero ddl è stato da lui liquidato come uno specchietto per le allodole, un diversivo per l'opinione pubblica contenente misure in realtà poco efficaci. Infine Saitta ha fatto presente anche la questione dei lavoratori dipendenti degli organi provinciali. "Il Fatto Quotidiano" riporta infatti una sua dichiarazione in proposito in cui afferma che una volta svuotate le funzioni delle Province questi lavoratori dovranno essere trasferiti ai Comuni e la procedura potrebbe incontrare rischi di mobilità.