Le riserve mondiali di petrolio finiranno tra 53.3 anni. Dal 2067 addio a benzina, gpl, diesel, ed a tutti i derivati del petrolio, inclusa la plastica e l'asfalto. A dirlo è la British Petroleum nel suo report annuale "BP Statistical Review of World Energy 2014". La notizia è stata lanciata in Italia dall'ANSA ieri ed è stata subito ripresa dalle maggiori testate nazionali.

In realtà la notizia non è poi così fresca: basta una veloce ricerca in rete per rendersi conto che già da una decina di giorni la notizia circolava all'estero. Ed infatti il report era stato reso pubblico a metà giugno.

Già questo ritardo nella "propagazione" della notizia in Italia potrebbe generare qualche sospetto.

Ma soprattutto, che dire della incredibile precisione della previsione? La BP non dice 53 o magari 54 anni, non dice "circa 50", dice esattamente "53.3". Come dire un errore inferiore all' 1%, nell'arco di mezzo secolo, quando facciamo ancora molta fatica a fare previsioni meteo decenti a distanza di 5/6 giorni. A quanto pare la fiducia della BP nei propri metodi di calcolo è granitica!

Non dimentichiamo, però, che di previsioni simili ne abbiamo già viste parecchie, a partire da quella del "Club di Roma", e che tutte sono poi state smentite e presto dimenticate.

E poi, perché dovrebbe essere una compagnia petrolifera a lanciare questo allarme, quando ci sono al mondo decine di istituti di ricerca dedicati ai problemi energetici?

La BP non ha svelato nel suo report dati segreti, ed allora perché non è stata l'OCSE, tanto per fare un nome, a porre il problema?

Insomma, perché proprio la BP ha sollevato questo problema in modo così drammatico?

Iniziamo col ricordare che la BP non si occupa solo di petrolio ed affini: basta consultare wikipedia per scoprire i suoi radicati interessi nel campo delle energie rinnovabili.

Negli USA possiede campi eolici capaci di generare 2.6 GigaWatt, ed altri impianti per ulteriori 1000 MegaWatt sono in costruzione. In Brasile ed Inghilterra possiede impianti di produzione di bioetanolo, ed è impegnata nella ricerca nel campo delle biotecnologie con la DuPont. La BP impiega 5000 persone nel campo delle energie rinnovabili ed ha investito oltre 8 miliardi in questo settore.

Senza tralasciare il fatto che la compagnia britannica ha iniziato ad occuparsi di solare fotovoltaico nei primi anni '80. Insomma, se anche il petrolio dovesse veramente finire, BP saprebbe dove rivolgere la propria attività, ed anzi, se si spargesse ad arte la voce che bisogna accelerare la transizione alle energie rinnovabili, BP sarebbe tra i primi a trarne giovamento.

E ancora, domandatevi cosa succede quando si diffonde il timore, giustificato o meno, sulla scarsità di un bene. La legge della domanda e dell'offerta inevitabilmente comporta un aumento del costo del bene di cui si teme la penuria. Nel nostro caso, ad avvantaggiarsi sarebbero i produttori di petrolio, tra cui appunto la British Petroleum.

Infine un'ultima considerazione: negli ultimi anni si è diffusa una pratica estrattiva (detta dello 'shale gas' o del 'fracking', in italiano 'fratturazione idraulica') che ha suscitato grandi speranze ma ha generato anche notevoli polemiche. Molti paesi, infatti sono orientati a vietare questa tecnica di estrazione per il timore di danni all'ambiente, e pochi giorni fa un terremoto in Oklahoma è stato attribuito da alcuni proprio alla attività di fracking. Le grandi compagnie petrolifere hanno investito molto in questa tecnica, soprattutto negli Stati Uniti. Lo shale gas costituisce una riserva molto appetitosa per le compagnie petrolifere, ma lo sfruttamento di tali riserve è economicamente vantaggiosa solo se il prezzo del petrolio sale oltre i valori attuali.

E il fracking potrà essere accettato dalla politica e dall'opinione pubblica solo in uno scenario in cui il petrolio tradizionale sia in via di esaurimento.

La British Petroleum ha quindi tutto l'interesse a fare annunci catastrofici sulla fine del petrolio in tempi brevi. A questo punto sta a voi rispondere alla domanda se dobbiamo credere o meno alle sue previsioni.