Il dato è tratto. Dopo mesi di attese deluse, di contrasti all'interno del direttorio (soprattutto da parte del falco presidente della Bundesbank Jens Weidmann), di gossip sulla quantità della massa monetaria da immettere sul mercato in cambio di titoli di stato è arrivata finalmente la decisione del presidente della BCE Mario Draghi [VIDEO]di far partire il bazooka del cosiddetto Quantitative Easing, volto a rafforzare l'allentamento monetario già in atto dall'estate scorsa e a scongiurare i rischi di deflazione che si stanno estendendo anche alla Germania in una fase di rallentamento della sua economia.

Il QE partirà a marzo e verranno introdotti sul mercato 60 miliardi di euro al mese fino a settembre 2016, per un ammontare di circa 1080 miliardi di euro in 18 mesi, un importo ampiamente superiore alle cifre che erano circolate almeno fino a qualche giorno fa nelle previsioni dei principali economisti. L'assunzione del rischio verrà in parte condiviso con le banche centrali dei Paesi interessati, per una quota del 80%, mentre in autonomia la BCE garantirà il rimanente 20%; nelle modalità d'acquisto non potrà essere superato 1/3 del debito di ciascun Paese. Nella conferenza stampa Draghi ha ricordato come la politica monetaria non può da sola risolvere il problema della ripresa che può essere rafforzata o in altri casi (come quello italiano) avviata solo con un programma stringente di riforme strutturali che facciano ripartire gli investimenti o creino le condizioni per un aumento dei redditi disponibili delle famiglie.

Questa attesissima decisione di Draghi è stata a lungo osteggiata dai tedeschi che avevano giustificato il trend deflattivo degli ultimi mesi come dovuto al calo del petrolio e delle altre materie prime più che alla crisi dei consumi , e sia la Merkel che il potente ministro Scheuble temono che una politica monetaria espansiva renda meno urgente agli occhi dei governi di Francia, Italia e Grecia la necessità di continuare le riforme.

Rimangono invece i dubbi se la pur necessaria politica monetaria espansiva della Bce possa effettivamente stimolare la ripresa economica, anche aiutata dalle riforme strutturali che i falchi tedeschi e lo stesso Draghi invocano da tempo, oppure se a questi strumenti monetari non si debbano aggiungere anche strumenti fiscali non convenzionali, come un aumento importante degli investimenti pubblici, anche nella stessa Germania, più preoccupata in questi mesi di raggiungere il pareggio di bilancio in anticipo sui tempi che di stimolare una serie di misure fiscali volte alla crescita economica.

Il vincolo del deficit che non può superare il 3% del pil e il Patto di stabilità e crescita che finora si è concentrato più sulla prima che sulla seconda, appena scalfito dal piano di investimenti di Juncker che dovrebbe partire a giugno, non sembrano messi in discussione. Le misure di Draghi ricordano uno dei motti più citati dagli economisti: "Puoi accompagnare il cavallo alla fonte ma non puoi costringerlo a bere".