Tempi duri anche per Poste Italiane, società gradualmente privatizzata ma ancora pubblica costretta a una razionalizzazione dopo i recenti aumenti del costo su diversi servizi. Servizi sovente criticati non solo dagli utenti italiani, ma anche da quelli stranieri. Una razionalizzazione che si rende necessaria anche per la quotazione in Borsa del gruppo prevista per fine anno.

A presentare il piano di riordino è stato, come riporta il portale Qui finanza, Francesco Caio, in occasione dell'audizione sul tema tenuta presso la commissione Lavori pubblici del Senato. Si annuncia un'autentica scure, con la chiusura di diversi sportelli, di cui di seguito riportiamo in dettaglio come sarà Regione per Regione.

Quanti sportelli chiuderanno in ogni Regione

Nel documento presentato da Caio vengono riportati più di mille interventi così ripartiti: 455 chiusure di sportelli e 609 "razionalizzazioni". Il tutto porterà il totale degli sportelli a circa tredicimila in tutto lo stivale.

Le chiusure saranno così ripartite: In Toscana e Umbria quelle maggiori, ben ottanta. Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia invece settantacinque. In Lombardia ne saranno chiusi sessantacinque, tra Piemonte, Liguria e Val d'Aosta sessantadue, mentre in Emilia Romagna e nelle Marche cinquantanove. In Campania e Calabria quarantatre, concludono la lista Lazio, Abruzzo e Sardegna, con trentacinque sportelli chiusi.

Nessuna ripercussione per gli utenti

L'Ad di Poste assicura che comunque il servizio resterà valido e funzionale per i cittadini e che il numero di uffici resta ancora oltre il numero minimo previsto per territorio. Inoltre, c'è anche il supporto telematico, già una realtà nel novanta percento dei Comuni, grazie al quale gli utenti possono disbrigare le pratiche da casa.

I tagli sopra citati si rendono necessari anche dall'apertura del settore ai privati, che hanno sottratto il monopolio dello Stato nei servizi postali (ormai addebitato da tempo anche alle Tabaccherie). Dunque molti uffici sono diventati di fatto inutili, anche se sono poi controbilanciati da altri sovraffollati. Ci si mette infine anche la situazione degli esuberi, che ha costretto la società a nuove assunzioni con contratti a termine dalla durata di pochi mesi. Insomma, è svanito anche il mitico "posto alla Posta".