Periodo di crisi mera e molti italiani si trovano a dover affrontare un problema particolare, quello dell'emissione di assegni scoperti. Il fenomeno è in crescita proprio per via della crisi globale che sta mettendo in difficoltà un numero sempre maggiore di famiglie. A volte inconsapevolmente ma spesso per necessità molti italiani emettono assegni senza sapere se in banca ci siano i soldi per coprirlo o pensando di recuperarli in qualche giorno e rimettere a posto la situazione. L'assegno emesso a fronte di un pagamento, senza che sul conto corrente bancario (ma anche postale) del titolare che l'ha emesso vi sia la copertura, e cioè l'importo scritto sull'assegno è comunemente noto come assegno scoperto.
La giurisprudenza in materia è vasta e spieghiamo qui le conseguenze a cui si va incontro nel momento che si va ad emettere l'assegno. Si tratta di un vero e proprio reato. Prima di tutto l'istituto di credito dove si ha il conto corrente vedendosi richiedere da un altro istituto il pagamento dell'assegno, lo rigetterà e ne rifiuterà il pagamento. La persona che lo porta all'incasso, cioè quello a cui lo abbiamo dato ha in mano un titolo esecutivo con il quale potrà agire in giudizio. Con un DL del 1999 la normativa è cambiata grazie alla depenalizzazione di alcuni reati.
Prima del 1999 infatti la multa era da 150 euro a 2.500 euro (c'era la lira) ma si rischiava anche la galera fino a 8 mesi.
Con il nuovo decreto valido ancora oggi non si rischia più la reclusione, ma la multa è considerevolmente aumentata e va da 516 euro a 6.197 euro per assegni di importo superiore a 10.000 euro o per recidività. Inoltre come sanzione accessoria vi è il divieto di emettere assegni per un periodo da due a cinque anni. In caso il divieto fosse trasgredito si torna a rischiare la reclusione da 3 mesi a 5 anni.
L'organismo che applica le sanzioni è la Prefettura che per i casi più gravi di emissione di assegni a vuoto (per cifre superiori ai 50.000 euro) può comminare anche l'interdizione dall'esercizio di attività imprenditoriali, dai pubblici uffici, dalle attività professionali. Inoltre si finisce sicuramente in una lista nera che gli istituti di credito chiamano CAI (centrale di allarme interbancaria) che condizionerà in negativo qualsiasi altra operazione bancaria che andremo a fare anche cambiando banca.