La Banca Centrale europea dopo l’ispezione sulla Banca Popolare di Vicenza, condotta tra il 26 febbraio e il 3.07.2015, ha stilato un dossier di 103 pagine da cui emerge una maxi truffa. I prezzi della azioni sono stati sovrastimati e sono stati effettuati finanziamenti in palese conflitto di interesse a società legate all’ex presidente Zonin. I titoli ad alto rischio, così come è successo per banca Etruria e la altre 3 banche fallite, sono stati inoltre rifilati a ben 58mila azionisti. Vediamo quindi le principali cause che hanno portato la Banca popolare di Vicenza al dissesto economico grazie al quale 119 mila soci hanno visto andare in fumo i loro risparmi.

Il prezzo delle azioni, fino a 2 anni fa era stato fissato a 62,5 euro

Nell’aprile 2011 l’assemblea degli azionisti unanimamente ha deciso di portare il prezzo delle azioni a 62,5 euro. I titoli sono stati venduti a tale prezzo a chi avrebbe partecipato all’aumento di capitale di quasi 1 miliardo nel 2014. Così come evidenziato dai risultato dell’ispezione della BCE, tali titoli sono però sempre stati sovrastimati. Infatti c’è stata una significativa differenza tra il valore dei titoli della BPVI e delle altre banche popolari, nonostante fossero stati usati gli stessi modelli di valutazione.

Ecco perché ora quei titoli valgono 10 centesimi

L’ultimo bilancio del 2015 era stato approvato in rosso per 758,5 milioni.

Di conseguenza fu deciso di tagliare il prezzo delle azioni a 48 euro. Successivamente a febbraio di quest’anno il prezzo di recesso per i soci che non hanno voluto partecipare all’aumento di capitale è stato fissato a 6,3 euro. Peccato però che intanto il diritto di recesso era stato sospeso. A aprile 2016 entra in gioco il fondo Atlante, creato per salvare dal crac la BPVI e la Veneto Banca, ed è stato sottoscritto un nuovo aumento di capitale, con la conseguenza che il prezzo di ciascuna azioni è sceso a 10 centesimidi euro.

Ma non c’è stato solo questo perché il crollo dei titoli è stato determinato da campagne di vendita agli stessi soci di azioni. In breve i prestiti e i mutui venivano concessi ai soci solo a condizione che comprassero tali titoli.

Tale meccanismo fraudolento (chiamato 'prestiti baciati') e denunciato dalla Bce, ha causato già nel 2015 un buco di bilancio da 1,5 miliardi.

Tale pratica infatti gonfiava sia il patrimonio della banca, sia i portafogli dei soci possessori di azioni. Questi ultimi infatti si sono visti sia ridurre gli interessi, sia accreditare un compenso tra l’1 e l’1,5% del valore delle azioni comprate che non erano però quotate. Dunque erano vendibili solo alla stessa BPVI, che non le ha volute ricomprare, quando i piccoli azionisti hanno cercato didisfarsene prima che crollasse il prezzo.

Controlli della BCE e Bankitalia

Nel 2014 la vigilanza, dopo che Bankitalia non ha mai comunicato ai soci i risultati delle attività ispettive da lei condotte, è passata alla Bce. La BCE dopo che nel corso 2015 ha rilevato la pratica dei “prestiti baciati” e l’alterazione dei profili di rischio, ha subito ordinato alla BPVI una drastica pulizia nei conti che ha comportato perdite e svalutazioni per miliardi di euro determinando anche il nuovo aumento di capitale.

Sono stati così bruciati oltre 6 miliardi di capitalizzazione.

I clienti non erano stati informati sui rischi che correvano

Dalla relazione Bce emergenze inoltre che 58 mila azionisti sono stati classificati in modo inappropriato, essendogli state attribuite competenze finanziarie che loro non avevano.Altri 29 mila azionisti, non sarebbero stati assistiti adeguatamente dopo che ad essi era stato comunicato il diritto di prelazione.

Responsabilità di Zonin e amministratori

Dopo che lo sbarco in Borsa è fallito, a luglio si voterà il nuovo cda. Intanto Zonin e l'ex a.d. Sorato, che hanno ricevuto delle maxi liquidazioni, sono sotto inchiesta per aggiotaggio e ostacolo alle autorità di vigilanza. L’azione di responsabilità nei loro confronti è stata rigettata dall’assemblea.