Hanno iniziato le compagnie telefoniche, modificando la scadenza delle bollette invece che le tariffe, partendo dai contratti, prepagati e non, dei telefoni cellulari per poi passare alla linea fissa. Sono state subito seguite a ruota dalle tv a pagamento come Sky ma il Governo ora sta valutando la legalità delle modifiche, poichè ritiene che, per la tutela di noi consumatori, le condizioni dei contratti debbano essere omogenee per quanto riguarda la trasparenza ed i tempi di calcolo dei costi fatturati al cliente. La questione è stata dibattuta dall'esecutivo in merito al fatto che gli operatori telefonici e Sky hanno modificato le tariffe non agendo con un aumento in percentuale del costo ma riducendo i giorni del contratto ciclico.
La scadenza dei rinnovi mensili è stata "accorciata" a 28 giorni, e ciò ha indubbiamente comportato un notevole rincaro per il consumatore, che alla fine dell'anno deve pagare "un mese in più". Il Ministero dello Sviluppo sta valutando l'ipotesi di intervenire per supportare i consumatori italiani in relazione alle modifiche dei gestori.
Una mossa molto astuta
Una vera e propria "furberia" quella degli operatori di Telefonia mobile e fissa, che per raggiungere nuovi target di fatturato ed evitare disdette da parte dei clienti con un aumento visibile, hanno avuto la geniale idea di "accorciare" la durata delle tariffe telefoniche e internet mensili, dai vecchi 30 o 31 giorni ai 28 odierni, 4 settimane esatte.
All'inizio la riduzione di giorni era riservata solo alle nuove promozioni, stipulate nel medesimo periodo del cambio di programma, per poi estendersi a macchia d'olio a tutti gli utenti, senza possibilità di scelta se non con la rescissione dal contratto. Perdendo 2/3 giorni al mese di contratto a fine anno si paga in pratica una mensilità in più, per un aumento dal 6,65% all'8% all’anno, che risulta sicuramente eccessivo.
E il bello è che in questa manovra che aggira la legge e ci trova disarmati non esiste concorrenza: tutti gli operatori di telefonia si sono adeguati alla modifica per cui non abbiamo altra scelta che tenerci quello che abbiamo.
Agcom ha provato a difenderci
L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, o Agcom, ha cercato di ripristinare le condizioni iniziali con una delibera che qualche mese fa imponeva il ritorno alla cadenza mensile per la telefonia fissa, voce e Internet.
Agcom aveva spiegato di aver tratto le sue conclusioni dopo aver notato problemi di trasparenza nell'operato delle compagnie telefoniche, dal momento che era assente un parametro temporale tale da consentire la comparazione tre le varie offerte. L'utente inoltre viene disorientato nel controllo dei consumi, soprattutto se utilizza abbonamenti a lungo termine, come quello biennale. Agcom si rivolgeva soprattutto alle utenze domestiche, non sapendo che a ruota avrebbe seguito l'"accorciamento" anche la telefonia cellulare. Purtroppo le associazioni legate a Confindustria e alle compagnie telefoniche hanno contestato la delibera e tuttora nessuno hanno potuto ripristinare le condizioni preesistenti.