Oggi è prevista la riapertura delle discussioni sulle Pensioni tra Governo e sindacati. Al Ministero del Lavoro Poletti ha convocato le parti sociali per l’ultimo summit prima della pubblicazione della Legge di Bilancio. Nonostante i proclami delle varie fazioni politiche in vista delle nuove elezioni politiche e nonostante l’impegno di quanti cercano di riformare un sistema che ha necessità di cambiamento, nulla o quasi potrà essere fatto. L’Inps o meglio, le casse dello Stato non possono sostenere cambiamenti che consentano a tutti i lavoratori di lasciare il lavoro prima.

Non solo, perché per permettere al sistema di restare in piedi, difficilmente si potrà evitare di allontanare le pensioni nel tempo come previsto già dall’ultima vera riforma previdenziale a memoria d’uomo, quella della famigerata Legge Fornero. In pratica, giovani e meno giovani avranno tutti lo stesso destino, cioè andare in pensione sempre più tardi. Un articolo del noto quotidiano “Il Corriere della Sera” edizione digitale di domenica 15 ottobre, con tanto di slide illustrative mostra cosa bisognerebbe fare per detonare quello che per molti è un autentico salasso in termini di requisiti di accesso per le pensioni.

Troppo collegati alla stima di vita

Dal 2019 le pensioni scatteranno già a 67 anni di età e probabilmente a 43 anni e 3 mesi di contributi versati.

Questo accadrà nonostante il recente rinvio del decreto che doveva sancire questo aumento , per evidenti interessi elettorali del Governo. Nel 2018 si prenderà questa inevitabile decisione come rimarcato in tempi diversi da Corte dei Conti, Banca d’Italia, Inps e Ragioneria Generale dello Stato. Tutti d’accordo sul fatto che l’inasprimento sia necessario perché lo Stato non può permettersi di pagare le pensioni con i requisiti di oggi.

Il futuro sarà ancora peggiore perché l’aspettativa di vita negli anni produrrà ancora l’aumento dei requisiti di accesso alla quiescenza. Che il 2015 abbia dimostrato una inversione di tendenza con la vita media in calo e non in aumento, conta poco, perché non si può tornare indietro ed abbassare le soglie di uscita dal lavoro per evidenti problemi di cassa.

Le previsioni che danno le pensioni oltre i 70 anni ed oltre i 45 anni di lavoro coperto da contributi appaiono ogni giorno che passa, sempre più probabili.

Le forbici previste

In base all’aumento della vita media degli italiani aumenteranno anche le soglie per le pensioni. Secondo il Corriere, un giovane di 20 anni può mettere in conto che andrà in pensione a 68 anni, sempre che l’aspettativa di vita non dia numeri più alti in quanti a stima di vita. In questo caso ipotizzare che l’età possa arrivare anche a 74 anni non è del tutto azzardato. Per un quarantenne invece, la forbice si assesta tra i 67 anni e qualche mese, ai 71 anni. Non solo giovani però, perché sempre dalle slide del quotidiano si legge che un lavoratore di 60 anni, rispetto a chi va in pensione in questi mesi, dovrà mettere in conto di restare al lavoro ancora 11 mesi.

L’età di uscita si allunga, ma anche i contributi necessari per le pensioni anticipate subiranno lo stesso effetto con la previsione che serviranno oltre 45 anni di lavoro per i più giovani. A tutto questo scenario generale, con l’Istat che prevede stime conservative rispetto all’andamento della stima di vita negli ultimi 40 anni, va aggiunto il calcolo contributivo degli assegni. In linea di massima si può calcolare che rispetto all’ultima busta paga un pensionato riesca a percepire tra il 50 ed il 70% dello stipendio come assegno pensionistico, a seconda del lavoro svolto, autonomo o dipendente. Un disastro annunciato che solo una impossibile riforma potrebbe evitare.

Soluzioni fai da te

Per i pochi che lavorano in maniera stabile oggi, occorrerebbe versare almeno un mese di stipendio all’anno in una forma di pensione integrativa.

Questo soprattutto se davvero nella ormai imminente Legge di Bilancio si produrranno interventi che spingano in questa direzione. Parliamo della detassazione o degli incentivi alla previdenza integrativa o complementare. Esperti di finanza e investimenti hanno piani dettagliati, molti dei quali pubblicati nelle slide del Corriere che spiegano come fare in base all’età. Questo perché effettivamente un sessantenne a cui mancano pochi anni di pensione deve scegliere vie diverse da un ventenne che ha più anni di tempo per mettere soldi in una cassa previdenziale che detoni l’inasprimento dell’Inps sia come requisiti di accesso che come assegni previdenziali. Va ricordato poi come fisco e datore di lavoro siano alleati per quanti vogliono prevenire un futuro nero da pensionati.

Infatti per coloro che destinano fondi alla previdenza integrativa le attuali norme danno diritto ad avere un contributo da parte del datore di lavoro, a sua volta agevolato fiscalmente in questa ottica. In conclusione, se non ci pensa lo Stato, i lavoratori, di qualsiasi età sono, devono pensarci da soli.