La storia è una maestra di vita che, per quanto inascoltata, non manca di mostrarci, soprattutto in politica, le conseguenze delle scelte operate, anche se infarcite da buone intenzioni. La storia ci mostra di come ogni qual volta un popolo si ritrova ad affrontare momenti di crisi, cerca un nemico all'esterno; individua qualcuno al quale attribuire le colpe di una situazione ingiustamente critica.

Questa l'estrema sintesi dell'esito referendario in Grecia che va ben oltre la vittoria del No. Le percentuali in gioco, ma anche le manifestazioni spontanee di piazza Syntagma, indicano chiaramente Merkel, Unione Europea ed FMI come i "cattivi", come coloro che, preso un Paese felice, lo hanno strangolato con cinque anni di ingiustificata austerità.

Che la famigerata Troika abbia promosso una politica fallimentare è ormai chiaro ma non si dovrebbe dimenticare che il suo intervento si è reso necessario per tamponare ciò che già cinque anni fa era, di fatto, una bancarotta.

Le conseguenze

Se le trattative di Tsipras stavano conducendo l'Eurogruppo a più miti consigli, il colpo di teatro referendario rischia di rivelarsi un boomerang che va ben oltre le ragionevoli ipotesi, ormai superate, della vigilia. L'azione del governo greco ne esce rafforzata ed il referendum è stato acclamato da molti come un vero momento di democrazia che unisce l'esecutivo con la propria opinione pubblica. Tuttavia, le aspirazioni del popolo greco non sono le uniche di cui tener conto: anche gli interlocutori europei, nell'avallare nuove strategie, dovranno tener conto degli umori dei propri elettori quindi verrebbe da domandarsi: quanti contribuenti saranno disposti a sostenere, con le proprie tasse, un popolo che accusa l'Europa di fare terrorismo finanziario?

Sembra che i greci abbiano dimenticato che non si chiede un mutuo in banca accusando il direttore di essere un ladro e, se ideologicamente la vittoria viene ammantata di gloria, resta il problema pratico della mancanza di liquidità e dell'aura di inaffidabilità guadagnata sul campo.

Varoufakis rassegna le dimissioni

Le dimissioni rassegnate stamattina da Varoufakis, e caldeggiate da Tsipras, sembrano indicare che il primo ministro si renda conto di come per la Grecia sia assolutamente vitale una prosecuzione dei negoziati; resta da vedere chi sarà ancora disposto a negoziare.

In tali frangenti, il Sirtaki di piazza Syntagma rischia di somigliare molto all'orchestrina che, sul ponte del Titanic, continuò a suonare mentre la nave affondava. Quando infatti ci si appella ad uno spirito di solidarietà, festeggiare per un risultato che rigetta le condizioni degli interlocutori cui si chiede aiuto, non è un atteggiamento propriamente rispettoso dei tuoi sodali e se gli italiani sembrano simpatizzare dimenticando il proprio credito, altri popoli europei hanno un concetto ben diverso di rispetto reciproco.

L'Unione Europea deve sicuramente imparare dai propri errori e correggere la propria politica verso prospettive di crescita, ma allo stesso tempo, la Grecia dovrebbe riflettere sul concetto di Responsabilità che, a quanto pare, è divenuta merce assai rara.