La carriera degli insegnanti, è risaputo, è ben lontana da quello stereotipo aziendale che parte dall'impiegato 'semplice' per arrivare poi al Dirigente, per chi ha doti e capacità particolari. Sulla carriera degli insegnanti si è persino, a volte, ironizzato, visto che alla cattedra, ormai, si arriva molto tardi e in certi casi, non si scherza, alle soglie della pensione.
Nessuna carriera, d'accordo, ma non si discute l'inamovibilità dei docenti che non sono a rischio licenziamento se non per fatti gravissimi: pro e contro di un mondo che, in ogni caso, ha bisogno di una 'scossa', non solo sul piano didattico ma soprattutto sul piano economico.
Miur, scuola, Roberto Reggi e la 'premialità': chi si deve veramente premiare?
Qui sta il principale errore nella visione dell'esponente del Ministero dell'Istruzione. Sì, perchè se chiediamo a qualsiasi insegnante quale deve essere il principale criterio di valutazione da adottare, tutti o quasi risponderanno con una sola parola: l'insegnamento.
Gli insegnanti vanno valutati (e di conseguenza premiati) per come insegnano, non per quello che fanno al di fuori dell’insegnamento, nei cosiddetti 'ruoli organizzativi' o in 'attività specializzate'.
Miur, scuola, Roberto Reggi: continuiamo a premiare la scuola
A Scuola la cosa più importante resta...la scuola: non si deve correre il rischio di buttare in secondo piano tutto il valore professionale che il docente dimostra nel condurre le lezioni, le interrogazioni e, non ultimo come importanza, il dialogo con gli studenti.
Un bravo professore di italiano è colui che insegna bene l'italiano, perchè in grado di preparare al meglio i propri allievi sulle materie umanistiche.
Ecco perchè occorre continuare a 'premiare' l'aspetto didattico e le capacità del singolo insegnante in classe, davanti ai propri studenti, con i quali ci si deve confrontare ogni giorno, con i quali occorrono, al giorno d'oggi, delle capacità quasi da 'superman' per ottenere un minimo di attenzione.