Se è in Italia esiste una larga platea di lavoratori colpita da situazioni di disagio previdenziale a causa del mancato accesso all'Inps, è altrettanto vero che molte persone vivono in condizioni difficili proprio perché ricevono una pensione troppo bassa rispetto al costo della vita. L'Istat ha fotografato recentemente un popolo di beneficiari dell'Inps spaccato in due, dove da una parte troviamo una piccola nicchia di persone (l'8% del totale) che accumula contemporaneamente tre mensilità, mentre dall'altro lato il 25% dei detentori di una rendita previdenziale restano sotto ai mille euro l'anno.
È la conseguenza di un sistema che si è evoluto in maniera spesso disordinata, seguendo più le urgenze, i desiderata clientelari e le necessità del momento che una pianificazione di lungo periodo. Con il risultato che in molti Paesi le Pensioni sociali assolvano all'obbligo di garantire una vecchiaia dignitosa per tutti, mentre in Italia fatichino a consentirlo per alcuni offrendo al contempo un vero e proprio limbo dorato per altri.
I dati Inps confermano il trend dicotomico: diminuiscono le pensioni, aumenta la spesa complessiva e restano le disparità di trattamento
Per rendersi conto che qualcosa non funzioni, basta leggere il rapporto dell'Istat che studia l'andamento del nostro sistema previdenziale nel 2013.
L'Inps ha fornito prestazioni e mensilità per oltre 270.000 milioni di euro a 16,4 pensionati, con una media di 16.600 € a testa. Ma se si analizza come avviene la distribuzione di questo denaro, ci si rende immediatamente conto che la realtà è contro intuitiva rispetto ai dati medi di bilancio: un italiano su quattro ottiene infatti meno di mille euro al mese, mentre quasi il 10% ottiene tre mensilità contemporaneamente e il 5,6% percepisce una rendita superiore alle 3.000 € al mese, mentre il 4,3% si attesta addirittura tra i 3.000 € e i 5.000 €..
L'Inps da istituto di sussistenza e sostegno a erogatrice di rendite, si mantiene lo status quo
Un dato che fa riflettere, visto che l'istituto di previdenza sociale dovrebbe servire a garantire la sussistenza, mentre di fatto per alcuni rappresenta una vera e propria rendita: se tale importo fosse calcolato sul metodo contributivo, nessuno avrebbe nulla da obbiettare.
Ma il problema si pone soprattutto per coloro che hanno effettuato versamenti figurativi o che comunque hanno accumulato un montante previdenziale non sufficiente a sostenere simili rendite. Il peso di simili condotte si sta scaricando ora sulle spalle dei più deboli, che siano pensionati con rendite troppo basse, lavoratori disagiati o giovani che si trovano costretti a versare contributi irrealistici e sproporzionati rispetto ai propri redditi.
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