Rendere più flessibile l'età pensionabile con il sistema delle quote escludendo l'ipotesi nata dall'Inps riguardante il reddito minimo. Lo lasciano intendere le ultime dichiarazioni del Presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano, secondo il quale il reddito minimo non potrà mai rivelarsi uno strumento utile per flessibilizzare l'età pensionabile.

L'ipotesi dell'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale prevede un reddito minimo garantito da corrispondere a coloro che si ritrovano privi di un'occupazione e con una bassa situazione reddituale.

Come specifica "Pensioni Oggi", il deputato del Pd Cesare Damiano, infatti, ricorda le intenzioni del Governo e dell'Inps di consentire ai disoccupati over 55 di usufruire del nuovo assegno di disoccupazione (l'Asdi). Una sorta di ammortizzatore sociale che va dai 450 ai 500 euro mensili a favore di tutte quelle persone in condizioni economiche disagiate. Seppure il nuovo assegno di disoccupazione potrebbe rivelarsi utile ai fini del sostegno del reddito, non potrà mai soddisfare le aspettative di flessibilità dell'età pensionabile del Presidente Damiano.

È questo il motivo per il quale lo stesso Damiano si dimostra contrariato. Infatti, stando a quanto riportato su "Pensioni Oggi", il Governo potrebbe rischiare di intervenire con una misura assistenziale anche nel caso in cui vi sono soggetti ormai vicini alla pensione.

"E' come dire ad un disoccupato che ha versato 40 anni di contributi ma che non ha agganciato i requisiti per la pensione", ha detto Damiano.

Per rendere più flessibile l'età pensionabile, invece, sarebbe molto utile introdurre il meccanismo di Quota 100 che consentirebbe ai lavoratori di accedere al pensionamento dopo aver perfezionato 62 anni di età anagrafica assieme a 38 anni di versamenti contributivi oppure 63 anni di età e 37 anni di contributi o ancora, 64 anni di età e 36 anni di contrizione effettivamente versata. L' altra ipotesi accreditata sarebbe quella riguardante l'uscita con 62 anni di età e 35 anni di contributi pena una decurtazione dell'8 % sull'assegno previdenziale.