Com'è noto, il sistema previdenziale italiano, non essendo stato né riformato e nemmeno ritoccato, si basa sulla applicazione della pesante Legge Fornero. Forse è meno risaputo il fatto che le nuove e più aspre regole inserite nel sistema pensionistico nostrano dal Governo Monti, si applicano solo a soggetti che raggiungono i requisiti pensionistici dopo il 31 dicembre 2011, cioè a riforma Fornero approvata. Per coloro che, i requisiti li hanno già perfezionati prima di quella data, ci sono diverse possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro.

Questo però, non per tutti e soprattutto a determinate condizioni, le quali di fatto, creano anomalie e discriminazioni che vanno risolte. Un tipico esempio è per coloro che non possono anticipare la pensione a 64 anni perché il 31 dicembre 2011, risultavano senza lavoro.

I nati nel 1952 e la quota 96

Una categoria di lavoratori gravemente vessata dalla riforma Fornero è quella dei soggetti nati nel 1952. Questi, si trovavano a pochi giorni dal completamento dei requisiti per la pensione quando, per via dell’ingresso nel panorama pensionistico della riforma, i loro requisiti, di colpo, non bastavano più. A questi, la stessa Legge Fornero, ha concesso una specie di salvaguardia, permettendogli di andare in pensione a 64 anni e con le vecchie regole a determinate condizioni.

La prima, che è anche la più importante era, l’aver maturato, prima del 2012, la cosiddetta quota 96, cioè il trovarsi con 60 anni di età compiuti e con 36 anni di contributi già versati. In alternativa, bastavano 35 anni versati ma in questo caso, 61 anni di età già compiuti. Per le donne, il vantaggio è ancora maggiore perché consente l’uscita a 64 anni se si erano raggiunti i 60 anni di età e solo 20 di contributi.

La seconda condizione necessaria era il trovarsi in continuità di lavoro, cioè non risultare disoccupati, inoccupati e così via al 28 dicembre del 2011. Evidente la penalizzazione a cui sono andati incontro soggetti che già erano deboli perché non lavoravano. Tra le altre cose, la Legge Fornero non ha mai previsto l’applicazione di questo veto a questi lavoratori, ma si tratta solo di una interpretazione, di un vincolo amministrativo e non legislativo.

Nasce il comitato

Contro questa forma di discriminazione, le proteste sono ormai datate, da anni si cerca di ovviare a questa pesante anomalia. Adesso, è stato costituito un comitato che ha come obbiettivo proprio, far rientrare questi soggetti tra i beneficiari di questa scialuppa di salvataggio. Il comitato, che ha iniziato a chiedere adesioni per amplificare la forza della protesta, proprio basandosi sul fatto che non è la Legge e che quindi non c’è da intervenire in maniera legislativa, chiede solo l’allargamento della platea dei beneficiari di questa uscita anticipata per coloro che compiono, nel corso del 2016, 64 anni e 7 mesi di età e che hanno maturato i requisiti prima dell’avvento della riforma Fornero.

La costanza di lavoro dipendente alla data del 28 dicembre 2011 infatti interessa molti lavoratori, non solo quelli disoccupati a quella data. Infatti, l’intervento applicativo di questo “paradosso”, che l’Inps ha provveduto a confermare con il messaggio 219/2013, grava anche su coloro che a quella data risultavano lavoratori parasubordinati o autonomi. Il numero dei penalizzati quindi, sembra essere abbastanza corposo e per questo che il comitato, nelle idee dei suoi fondatori, Sergio Ormea e Francesco Segato, conta di raggiungere l’obbiettivo.