Mentre i media sono concentrati sulla questione del concorso scuola, nei giorni scorsi è apparso un articolo su IlMattino di Napoli nel quale il ministro Giannini rilanciava quella che era una vecchia proposta alla quale poi non si era dato seguito all’interno della riforma della ‘Buona Scuola: si tratta della proposta delle scuole aperte d’estate. La motivazione addotta dal ministro è di carattere sociale: si tratterebbe di aiutare i giovani delle periferie a trovare un luogo dove stare e abbandonare la seduzione delle strade. In merito, è stato pubblicato un comunicato del gruppo ‘Partigiani della scuola pubblica’, il quale ha sottolineato quali sarebbero le vere motivazioni alle spalle del provvedimento: innanzitutto, la creazione di sfruttamento nei giovani e di bassa manovalanza, dal momento che le scuole aperte d’estate dovrebbero favorire l’alternanza scuola-lavoro, producendo soggetti adeguati alle richieste del mercato del lavoro e non soggettività critiche e cittadini consapevoli.

Oltre a ciò, si critica la retorica riguardante il lavoro svolto dagli insegnanti in Italia e la questione delle ‘mancette’ da dare ai docenti.

Lo sfruttamento e la bassa manovalanza: perché le scuole aperte d’estate?

Il fine sociale, secondo PSP, sarebbe una mera scusa: si tratterebbe semplicemente di allungare l’orario di lavoro in cambio di nulla o di una mancetta. La manovra, dunque, avrebbe innanzitutto come scopo quello di aumentare l’orario di lavoro senza conseguente accrescimento della paga (tra le più basse in Europa e con contratti bloccati da anni). Ma la questione ‘ideologica’, secondo PSP, sarebbe un’altra: la creazione di bassa manovalanza e, dunque, di un accrescimento dello sfruttamento dei giovani.

Tra le varie attività promesse non v’è nulla che riguardi la formazione della coscienza critica o di una cittadinanza consapevole, ma piuttosto si delinea un chiaro tentativo di intervenire sull’alternanza scuola-lavoro; secondo PSP, con le scuole aperte d’estate i giovani sarebbero avvicinati ad un mestiere piuttosto che accompagnati nella crescita personale.

Dunque, sfruttamento dei docenti che non verrebbero pagati o ai quali si darebbe soltanto una ‘mancetta’ e sfruttamento dei giovani dal punto di vista lavorativo.

La retorica sul lavoro dei docenti: i dati e il confronto con l’Europa

L’altro elemento che PSP sottolinea all’interno del suo comunicato riguarda il lavoro dei docenti in Italia: i giorni di scuola in Italia sono 200, mentre la media europea è di 185; i giorni a settimana sono 5/6, mentre la media europea è di 5 e in Francia sono 4.

Le vacanze estive in Italia durano 13 settimane, come negli altri paesi che hanno un clima caldo: in paesi come la Germania, le vacanze estive durano di meno, ma sono compensate da lunghe pause in autunno e in primavera. Infine, per quanto riguarda le ore di lavoro, questi sono i dati: alla scuola primaria sono 22 contro la media europea di 19,6; nella secondaria di I grado sono 18 contro la media di 16,3; alle secondarie di II grado sono equivalenti. Secondo un calcolo effettuato alla luce dei consigli, degli scrutini e delle altre attività, un docente italiano lavora in media 39 ore alla settimana; ma il dato vero, secondo PSP, è l’ultimo: a fine carriera, gli insegnanti italiani prenderanno tra i 6000 e i 9000 mila euro in meno rispetto ai propri colleghi. Per aggiornamenti sulla questione delle scuole aperte d’estate, cliccate su ‘Segui’ in alto, sopra l’articolo.