La responsabilità professionale degli avvocati, commercialisti ecc. può sorgere sia in una prima fase sommaria nell'ambito dell'attività stragiudiziale, sia nel corso del giudizio. Di certo è sempre nella fase preliminare, quando la causa non è ancora iniziata, che occorre la massima prudenza, competenza e diligenza nell'indicare al cliente la strada migliore, evitando di farlo andare in contro ad una causa persa che non renderebbe esperibili i diritti dell'assistito, seppure in modo potenziale. La Cassazione sulla questione, con 2 recenti sentenze, da un lato ha negato la responsabilità professionale; dall’altro invece ha riconosciuto la responsabilità per un parere carente.

Avvocato e procura "ad litem" : Cassazione sentenza n.13008/2016

Con tale sentenza la Suprema Corte si è occupata della responsabilità di un avvocato che aveva omesso d'intraprendere un'azione legale nei confronti dell'Anas, a seguito della morte del familiare dei ricorrenti nonché congiunti della vittima, entro il relativo termine prescrizionale. Nel caso di specie è però cambiato il presupposto di fatto.

I familiari avevano infatti sottolineato la differenza (anche in relazione al diritto al compenso) fra procura "ad litem" (negozio unilaterale) e contratto di patrocinio (negozio bilaterale), essendo a loro avviso inequivocabilmente sussistito quest'ultimo nel rapporto col legale. Ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura "ad litem", quindi non risulta necessario un incarico scritto.

Gli effetti del contratto di patrocinio si producono direttamente nella sfera giuridica della parte a favore della quale il contratto è stato concluso.

Gli Ermellini hanno ritenuto però di poter superare tale differenza, sottolineando che non vi era stato conferimento d'incarico professionale (come emerso anche in II grado), e che anzi il legale aveva sconsigliato d'intraprendere l'azione nei confronti dell’Anas, reputandola una "causa persa".

I giudici di Cassazione,dopo aver accertato che il legale aveva ritenuto più opportuno non iniziare il giudizio risarcitorio, hanno concluso sostenendo che non si poteva pretendere dall'avvocato che si attivasse per la promozione del giudizio stesso.

La richiesta di parere: Cassazione sentenza n.13007/2016

La Cassazione si è occupata anche di un contribuente che, dopo il rigetto dei ricorsi da lui proposti in I e II grado, si era rivolto al suo commercialista.

Tale richiesta era finalizzata a chiedere indicazioni e chiarimenti per proporre un ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, che nelle more però era diventata definitiva,e quindi non più impugnabile.

Il contribuente, quindi, ha agito avverso il commercialista, sostenendo che l'incarico richiesto era consistito in una "consulenza tecnico-giuridica" volta a conoscere tempestivamente i rimedi previsti dalla legge per il caso in questione. La Suprema Corte ha accolto il suo ricorso sostenendo la responsabilità del commercialista (per consulenza stragiudiziale) che non aveva adeguatamente e diligentemente informato il cliente. Il principio contenuto nella sentenza è quello per cui l'obbligo di informazione è strettamente correlato al conferimento di un vero e proprio incarico professionale.

Il professionista, quindi, deve informare il cliente non solo delle ragioni tecnico-contabili o giuridiche che stanno a fondamento della sentenza sfavorevole, ma anche dei rimedi astrattamente esperibili, pur se non praticabili dal professionista stesso. Egli deve quindi considerare con ponderatezza tutti i pro e i contro sotto ogni profilo, circa la convenienza dell’azione.