Le ultime novità sulle pensioni aggiornate ad oggi 13 settembre si concentrano sul destino dei lavoratori precoci e i costi dell'Ape per i pensionandi che intendono richiedere andare in pensione prima dei 66 anni e 7 mesi previsti dalla legge Fornero. L'incontro tra governo e sindacati è servito per mettere a punto gli ultimi dettagli per la riforma Pensioni del 2017, con l'Ape che dovrebbe, salvo cambiamenti dell'ultima ora, entrare in vigore a partire dal 1 gennaio del prossimo anno. Rimane però il nodo delle pensioni per i precoci, con la pensione anticipata a 63 anni che non basta per far dormire sogni tranquilli ad una categoria che da tempo chiede quota 41 per tutti.

Pensioni, dal problema dei lavoratori precoci alle penalizzazioni della pensione anticipata

Le ultime notizie sulle pensioni confermano che uno dei temi più caldi in materia previdenziale è quella che viene chiamata erroneamente pensione anticipata per i precoci. La richiesta dei lavoratori che rientrano in questa categoria, vale a dire coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 20 anni di età, rimane sempre la stessa, quota 41, ovvero la possibilità di andare in pensione senza penalizzazioni dopo aver lavorato per 41 anni. Ad oggi, per effetto della riforma Fornero, i precoci possono andare in pensione dopo 42 anni e 10 mesi di contributi (le donne un anno prima), finestra che si allungherà a partire dal 1 gennaio 2019, quando la soglia degli anni passerà a 43, e così via, fino a quando, tra non molti anni, i precoci dovranno lavorare per 45 anni prima di poter raggiungere l'assegno previdenziale.

Da fonti giornalistiche si apprende che i sindacati, durante il confronto di ieri con il governo, hanno riportato in auge il tanto chiacchierato bonus contributivo per i precoci, ma stavolta non si parla più di 4-6 mesi 'abbuonati' per ogni anno di lavoro compiuto tra i 14 e 18 anni ma di soli 2 mesi. Ciò significa che i precoci, per avere uno sconto pari a 8 mesi, deve aver versato 4 anni di contributi prima dei 18 anni.

Sostanzialmente una beffa.

Una beffa perché si deve sempre partire dall'inizio, dalla famosa piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil, dove trovava posto quota 41 per i lavoratori precoci, la stessa misura pensata da Cesare Damiano e che l'ex ministro del lavoro aveva inserito nel suo disegno di legge (ddl 857). Di quota 41 ora nemmeno l'ombra, perché costa troppo.

Non ci sono più le risorse. Che fine faranno dunque le proteste di migliaia di precoci, che in questo ultimo anno e mezzo, se non di più, ha chiesto a gran voce giustizia ed equità da parte del governo?

A parlare di un bonus da due mesi per ogni anno di contributi è il Corriere, mentre Repubblica cita non meglio precisate condizioni di maggiore vantaggio per i precoci appunto e coloro che svolgono attività usuranti, inserendo il virgolettato dei sindacati secondo cui c'è ancora un confronto in corso, che si dovrebbe chiudere il prossimo 21 settembre.

Intanto a tenere banco sono anche i costi dell'anticipo pensionistico fino a 3 anni e 7 mesi, il cosiddetto Ape. Per il Corriere, si parla di tagli tra il 15 e il 18 per cento, se si sceglie di andare in pensione a 63 anni, sfruttando dunque tutti gli anni concessi dal governo, penalizzazione che però potrebbe salire fino al 25 per cento se si aggiungono gli interessi della banca e la polizza assicurativa. Rimane invece al 3 per cento per le categorie più tutelate, zero se si percepiscono meno di 1.500 euro lordi.