Nell’universo previdenziale italiano entra l’APE, l’anticipo pensionistico. L’APE nasce come prestito pensionistico, con le banche a finanziare l’anticipo erogato dall’INPS a soggetti dai 63 anni in su. Saranno poi i pensionati, una volta raggiunti i 66 anni e 7 mesi che significano pensione di vecchiaia, a restituire il prestito in rate mensili per la durata di 20 anni. Tutto questo a meno che non si rientri tra le categorie a cui spetterà l’APE in versione assistenziale, quella gratuita. Ma chi sono questi soggetti, quali sono i requisiti anagrafici, contributivi e soggettivi che servono per andare in pensione prima?

Tutte le penalizzazioni dell’APE

Nella Legge di Stabilità che sabato 15/10 ha avuto il via libera del Consiglio dei Ministri, l’APE è stata confermata e partirà ufficialmente dal 1° maggio 2017. Per l’APE servono almeno 20 anni di contributi versati uniti ad una età anagrafica di 63 anni. Dal prossimo maggio quindi, un soggetto che compie almeno 63 anni e che raggiunge i 20 anni di versamenti, potrà scegliere se uscire dal lavoro anticipando la pensione anche di 3 anni e 7 mesi. Lo stesso però, dovrà fare i conti con una pensione erogata per 12 mesi, quindi senza tredicesima e con un assegno calcolato in base al montante contributivo accumulato alla data di uscita. Inizialmente questo significherà perdere i 3 anni e 7 mesi di contributi che naturalmente, per via dell’uscita, il soggetto non verserà.

Inoltre c’è da fare i conti con il coefficiente di trasformazione dei contributi in pensione che lasciando il lavoro prima è più penalizzante. Quest’ultimo aspetto è relativo al fatto che teoricamente, in base all’aspettativa di vita, la pensione verrà percepita per più anni. Poi, a fine prestito, ci sarà da fare i conti con la rata di prestito da restituire e con la relativa trattenuta sulla pensione vera e propria, con interessi e oneri aggiunti.

Per l’APE agevolata queste forme di penalizzazione saranno identiche ad esclusione della rata di prestito che sarà a carico dello Stato con il meccanismo delle detrazioni fiscali.

A chi spetta l’anticipo gratuito

Un soggetto che a maggio 2017 risulterà disoccupato e privo di ammortizzatori sociali ed alla stessa data avrà accumulato 30 anni di contributi, avrà diritto all’APE gratuita.

Lo stesso vale per chi risulterà disabile o dimostrerà di avere a che fare con l’assistenza ad un proprio familiare di 1° grado disabile. Chi invece a quella data svolge attività che rientrano tra quelle gravose e pesanti, tali da rendere alto il rischio di infortuni e malattie professionali in caso di permanenza al lavoro, sempre a 63 anni, dovrà avere un montante contributivo di 36 anni. I lavori pesanti non sono ancora ufficiali, ma dovrebbero essere macchinisti di treni, conducenti di mezzi pesanti, maestre d’asilo, infermieri di sala operatoria e lavoratori in edilizia.

Chi risponderà a questi requisiti e che potrà accedere all’anticipo agevolato, dovrà rispettare anche il parametro dei 1.500 euro di pensione.

In parole povere, per rientrare nell’APE social, la pensione non deve sforare il tetto di 1.500 euro lordi. Nel caso si riuscisse a percepire una pensione superiore a questa soglia, la rata di prestito dovrebbe riguardare solo la parte eccedente. Un soggetto che percepisce una pensione di 1.800 euro accumulerà un debito da restituire solo di 300 euro al mese. Da sottolineare come l’assegno anticipato sarà esente da trattenute fiscali. Esiste infine una speciale APE che può essere percepita grazie ad un accordo con il proprio datore di lavoro e che risulta anch’essa agevolata. Si tratta dell’APE aziendale che risponderà alle esigenze di una azienda che voglia svecchiare o ridurre il proprio organico dipendenti.

In questo caso il lavoratore potrà essere collocato in pensione e sarà l’azienda a coprire i contributi mancanti da versare. In questo caso restano necessari 20 anni di contributi e la rata dovrebbe essere comunque a carico del lavoratore.