Dal 1° maggio 2017 l'APE consentirà a molti lavoratori di poter scegliere se lasciare il lavoro prima dei 66,7 annii previsti oggi per la pensione di vecchiaia. Lo scivolo sarà consentito a partire dai 63 anni di età, ma i requisiti variano da soggetti a soggetti perché la misura è stata suddivisa in tre sottocategorie, diverse tra loro per requisiti, penalizzazioni e meccanismi. Ecco la misura punto per punto con relativi beneficiari e notizie utili.

L’APE volontaria

L’APE a livello strutturale nasce consentendo l’uscita dal lavoro a chi compie 63 anni ed ha almeno 20 anni di contributi versati.

La misura è quella del prestito, cioè con la pensione erogata da una banca alla quale i soldi dovranno essere restituiti nel momento in cui si arriva all’età di 66 anni e 7 mesi che nel sistema previdenziale significa poter ottenere la pensione di vecchiaia. In pratica la pensione viene erogata senza tredicesima, quindi per 12 mensilità, grazie ad un finanziamento bancario. Ma a cosa andranno incontro i lavoratori dal punto di vista delle penalizzazioni? Il prestito bancario naturalmente avrà tutti gli oneri accessori del classico finanziamento, quindi interessi e spese di assicurazione. Un prestito, erogato mensilmente per un numero massimo di 3 anni e 7 mesi, ha dei costi che saranno caricati sulla rata di rimborso che verrà trattenuta ai pensionati una volta raggiunta la propria pensione.

Il taglio sarà di quasi il 5% per anno di anticipo, al quale però vanno aggiunte le penalizzazioni relative ai 3 anni e 7 mesi di contributi in meno versati lasciando il lavoro prima e quelle relative ai coefficienti di trasformazione dei contributi, in pensione, che uscendo più giovani, sono peggiori perché l’Inps prevede un periodo più lungo di erogazione dell’assegno.

L’APE aziendale

Lasciare il lavoro in anticipo può essere a volte una esigenza, oltre che del lavoratore, anche di una azienda. Ci sono aziende che cercano di ridurre l’organico o di svecchiarlo e l’APE consentirà loro di facilitare l’operazione. Infatti nasce l’APE aziendale, strumento che consentirà, sempre con il comune accordo tra datore e lavoratore, di pensionare in anticipo il dipendente.

Requisiti ugualidell’APE volontaria, solo che in questo caso, parte della penalizzazione di assegno sarà a carico dell’azienda. Il meccanismo sarà spiegato meglio con le classiche circolari esplicative dell’INPS, ma si può ipotizzare che i contributi in meno che saranno nel portafoglio previdenziale del lavoratore per via degli anni di anticipo di uscita dal lavoro, l’azienda continuerà a versarli. Versamenti che magari saranno più corposi, in modo tale da ridurre quello che i pensionati si troveranno meno soldi per via della rata. Ipotizzare tutto l’ammontare del prestito caricato sull’azienda è difficile perché si rischierebbe un provvedimento flop come lo è stato il part-time pensione.

L’APE social

La versione assistenziale dell’anticipo pensionistico consentirà a soggetti disagiati di poter andare in pensione prima a spese dello Stato. In questo caso bisogna essere disoccupati, disabili o con parenti di 1° grado disabili nel nucleo familiare. La rata del prestito in questo caso sarà completamente a carico dello Stato e quindi i pensionati dovranno fare i conti solo con le penalizzazioni contributive. In questo caso però sarà necessario avere un reddito lordo di 1.350 euro al mese e soprattutto i contributi necessari saranno 30 e non 20 come per l’APE normale.

Per alcune categorie di lavoratori che svolgono attività pesanti a tal punto da comprometterne la salute restando troppo a lungo a lavorare, viene concessa l’APE in forma gratuita come per i disagiati.

In questo caso il reddito lordo di riferimento sarà 1.500 euro ed i contributi necessari saranno 36. I lavoratori che rientrano in questa fattispecie sono le maestre di asilo, l’infermiere del pronto soccorso o delle sale operatorie, i facchini, gli edili, gli autisti di mezzi pesanti e gli addetti alle pulizie.