Tutto confermato, la Legge di Bilancio varata dal Governo che verrà approvata entro fine anno anche dalle due Camere ha partorito l’APE, l’anticipo pensionistico. Si tratta della risposta del Governo alla necessità di flessibilità del sistema pensionistico. È una opzione concessa ai lavoratori che si trovano a pochi anni dal raggiungere la quota prestabilita per la pensione di vecchiaia, 66 anni e 7 mesi. La misura però non è unica, o meglio, varia in base a determinate caratteristiche dei lavoratori. Due sono le cose comuni a tutti i lavoratori, la data di avvio (si tratta di una sperimentazione biennale) del prossimo 1° luglio 2017 e l’età minima di uscita, cioè 63 anni.

La tanto contestata APE volontaria

In riferimento alla misura, non tutti sono d’accordo con quanto fatto dal Governo. Negli ultimi giorni, dura presa di posizione di Boeri che fa il paio con le critiche di Damiano e di alcune sigle sindacali. Il motivo che ha spinto il Governo a varare l’APE è da tutti riconosciuto come necessario. Si tratta della flessibilità in uscita, un modo per consentire ai lavoratori di poter scegliere quando lasciare il lavoro e soprattutto, un modo per detonare in parte gli inasprimenti voluti dalla Fornero con la sua ormai tristemente famosa riforma.

La collocazione previdenziale dell’APE è in relazione alla pensione di vecchiaia. Con questa novità, i lavoratori potranno anticipare a loro scelta l’uscita da lavoro a partire dai 63 anni con 20 anni di contributi.

L’hanno ribattezzata APE volontaria proprio perché saranno i lavoratori ad optare su come e quando uscire. Il problema è che la pensione è concessa sotto forma di prestito, cioè erogata dall’INPS, ma con soldi delle banche. Una pensione prestata che va restituita quando terminerà il periodo di anticipo e si arriverà a 66 anni e 7 mesi.

Da quel giorno, il pensionato riceverà la sua pensione originale, decurtata però della rata di prestito. Infatti l’INPS avrà funzioni esclusivamente di tramite tra banca e pensionato, inizialmente erogando la pensione in prestito e poi trattenendo la rata del debito. In definitiva il Governo offre al lavoratore la facoltà di lasciare prima il lavoro, ma accettando una decurtazione della pensione figlia del prestito, su cui naturalmente saranno dovuti anche interessi e oneri accessori.

Ape agevolata

Per rendere meno pesante il taglio e per salvaguardare i pensionati dal punto di vista dell’assegno futuro, il Governo ha studiato soluzioni. Per l’APE volontaria confermato lo sgravio del 50% sugli interessi e gli oneri dovuti, cioè la metà della rata, nella parte riguardante le spese del finanziamento, sarà a carico dello Stato. Previsto un tetto minimo di pensione futura sotto la quale l’APE non sarà concessa, cioè se la rata porterà la pensione definitiva sotto la soglia dei 700 euro. Questo per evitare che i beneficiari dell’APE abbiano l’indomani una pensione sotto la soglia della povertà. Esiste poi la via totalmente agevolata di anticipo, l’APE social. In questo caso, i lavoratori possono ottenere l’anticipo, sempre con il prestito, ma che sarà coperto totalmente dallo Stato.

Cambiano però i requisiti per richiedere l’anticipo, per primi quelli contributivi. L’APE agevolata prevede 30 anni di contributi minimi nella forma concessa a disoccupati di lunga data, a disabili o con familiari disabili a carico. Addirittura 36 invece sono necessari per l’APE concessa a chi svolge lavori che vengono ritenuti pesanti e logoranti. Anche se una conferma definitiva la si avrà a Legge di Bilancio approvata, sembra che le categorie di lavoratori che saranno considerati alle prese con attività pesanti saranno le maestre di asilo, gli edili, i macchinisti dei treni, gli autisti di mezzi pesanti, i facchini e gli infermieri delle sale operatorie. Essendo infine l’APE social una via di mezzo tra una misura previdenziale ed una assistenziale, necessario rientrare nei 1.500 euro di pensione futura, oltre il quale l’APE social non potrà essere erogata.