Le novità previdenziali contenute nella Legge di Stabilità, o di Bilancio, come è chiamata la nuova manovra finanziaria, sono pronte per essere discusse in Parlamento. Il pacchetto previdenziale, che grosso modo è incentrato sull’APE, aspetta i probabilmente numerosi emendamenti, cioè le proposte di correttivi che arriveranno in Parlamento. Molte cose non convincono dell’APE e delle altre novità previdenziali che il Governo ha inserito in Manovra.

Le quattro strade che portano all’APE

La novità principale del pacchetto previdenziale è l’APE, l’Anticipo Pensionistico che il Governo di fatto ha varato ed inserito nella Legge di Bilancio.

L’APE volontaria si rivolge a chi sta lavorando ed ha raggiunto (o si accinge a raggiungere) sia i 63 anni di età che i 20 di contributi minimi necessari. A questi soggetti viene proposto un prestito pensionistico per tutti gli anni che li dividono dai 66 anni e 7 mesi in cui dovrebbero raggiungere la pensione di vecchiaia. Al termine del periodo indennizzato da questo prestito pensionistico, erogato dall’INPS ma con soldi delle banche, i lavoratori dovranno restituire quanto preso in anticipo con interessi e spese accessorie. Per i disabili, quelli con disabili a carico o per chi non ha lavoro ed ha terminato di percepire gli ammortizzatori sociali, l’APE diventa assistenziale. Tutto quello che percepisce nell’anticipo, lo restituirà alle banche lo Stato Italiano.

Sono però necessari 30 anni di contributi versati. Anche per le maestre di asilo, edili, macchinisti di treni, conduttori di mezzi pesanti, facchini ed infermieri delle sale operatorie, cioè per chi svolge attività che verranno considerate pesanti, lo Stato si occuperà di pagare per loro conto le banche. In questo caso servono 36 anni di contributi.

Una quarta via per l’APE è quella aziendale, un provvedimento parallelo al deludente part-time pensionistico prodotto dal Governo Renzi nella Stabilità 2016. In questo caso, se datore di lavoro e lavoratore, di comune accordo decidono di utilizzare l’APE, l’azienda si accollerà parte del debito che il lavoratore accetterà per andare in pensione.

I problemi sono tanti

Dal 1° maggio 2017 l’APE entrerà definitivamente in azione ed i lavoratori potranno iniziare a richiederla. I dubbi sulla nuova misura però sono talmente tanti che c’è chi paventa il rischio flop per l’intero provvedimento. Un soggetto che a maggio sarà normalmente al lavoro, avrà interesse ad indebitarsi per accedere alla pensione con 3 anni e 7 mesi di anticipo? Siamo sicuri che siano tanti i disoccupati e i disabili, cioè i beneficiari dell’APE social, che abbiano maturato ben 30 anni di contributi prima di perdere il lavoro? Le aziende saranno propense a mandare in pensione i dipendenti più vecchi continuando a pagare per loro i contributi previdenziali e mettendo in conto le spese per sostituirli con dipendenti più giovani?

Tutti questi quesiti sono legittimi e saranno al centro delle proposte che arriveranno attraverso gli emendamenti. Il Presidente della Commissione Lavoro Damiano ha già annunciato un emendamento per la questione esodati. Landini della Fiom e Salvini hanno attaccato duramente l’APE, ecco perché molto importanti saranno le proposte che verteranno sulla riduzione dei requisiti necessari, considerati troppo stringenti e dell’allargamento delle platee di beneficiari delle novità pensionistiche. Anche se Poletti rispondendo alla Senatrice del PD Erica D’Adda ha rassicurato che i fondi risparmiati su opzione donna saranno utilizzati sempre per l’estensione della stessa misura, non sono ancora chiare le cifre rimaste in cassa.

Gli emendamenti poi creeranno sicuramente una sponda alle prerogative dei lavoratori precoci. La quota 41 di cui parla il Governo infatti, non vale per tutti ma solo per chi ha bisogno di essere assistito socialmente, mentre i gruppi ed i comitati si battono affinché siano sufficienti 41 anni di lavoro per la pensione.