La materia previdenziale continua a tenere banco ogni giorno sia tra i cittadini sia nelle stanze del Governo. Non ci sono solo i decreti di ape e Quota 41 a tenere banco, con quelli per i precoci e per l’Ape sociale che attendono solo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L’onorevole Maria Luisa Gnecchi, parlamentare del Partito Democratico vicino a Damiano e membro della Commissione Lavoro della Camera, continua a proporre correttivi alle misure già in vigore prima di Ape e quota 41, quelle che consentivano già di lasciare il lavoro senza i pesanti inasprimenti della Legge Fornero.
L’obiettivo è sempre lo stesso, consentire l’ingresso della flessibilità pensionistica nel sistema previdenziale e permettere a quanti più soggetti possibili, l’uscita dal lavoro anticipata con tutta la serie di scivoli e deroghe che anche la Fornero ha lasciato in vigore. Stavolta, l’oggetto della proposta della Gnecchi è l’isopensione, che si affianca alle altre che riguardano il salvacondotto e la quota 97,6.
Isopensione, come funziona e cosa propone la Gnecchi
Le aziende con più di 15 dipendenti hanno la facoltà, concessa dalle norme previdenziali, di collocare in pensione i lavoratori che si trovano a 4 anni dal raggiungere i requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi fino al 2018) o a quella anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi).
Parliamo dell’isopensione, una misura a costo zero per lo Stato, dal momento che per centrare l’anticipo di 4, saranno le aziende a corrispondere un assegno ai lavoratori per l'intero periodo di anticipo. All’azienda quindi l’onere di versare, oltre all'assegno pensionistico, anche la relativa copertura contributiva per non far perdere al pensionato i 4 anni di contributi per la pensione futura.
Fermo restando il fatto che i contributi utili ai requisiti restano quelli effettivi, escludendo quindi i figurativi, la Gnecchi chiede che questa possibilità sia allargata a quanti oggi vengono esclusi dall’interpretazione della norma da parte dell’Inps. Stando a quello che dice l’Inps, infatti, resterebbero fuori da questa misura di incentivo all’esodo le donne che durante i 4 anni di anticipo previsti centrano i requisiti per opzione donna, ma anche quelli che possono utilizzare il nuovo cumulo o la totalizzazione.
L’interrogazione presentata in Commissione Lavoro alla Camera mira ad allargare il campo di applicazione dell’isopensione anche a questi soggetti.
Salvacondotto ed esodati
Grazie all’ultima salvaguardia inserita nella Legge di Bilancio 2016, altri 30 mila esodati hanno potuto (sempre che abbiano presentato richiesta) lasciare il lavoro come se la Legge Fornero non sia mai stata fatta. Infatti, per coloro che fino al 31 dicembre 2018 centravano la quota 97,6, esiste facoltà di lasciare il lavoro senza attendere i pesanti vincoli della Fornero. La quota 97,6 si centra conteggiando anche le frazioni di anno. In linea di massima, bisognerebbe avere 62 anni e 7 mesi di età con 35 di contributi, oppure 61 anni e 7 mesi di età, con 36 di contributi.
Gli stessi requisiti che, se centrati prima del 2012, darebbero diritto a lasciare il lavoro con il salvacondotto, la speciale deroga Fornero che consente l’uscita a 64 anni.
Estendere la misura del salvacondotto
Proprio sulla deroga si è incentrata un’altra proposta della Gnecchi, incardinata da tempo in Commissione Lavoro e che attende di essere valutata. Dopo aver cancellato l’anomala interpretazione dell’Inps circa la continuità di lavoro al 28 dicembre 2011 tra i requisiti di accesso al salvacondotto, la proposta della Gnecchi mira ad estendere la misura anche a chi centra il requisito contributivo con contribuzione mista e soprattutto figurativa ed a cancellare le finestre mobili che spostano di 12 mesi (18 per gli autonomi) la decorrenza della pensione rispetto al raggiungimento dei requisiti.
I requisiti possono essere centrati anche con le quote
I requisiti vanno comunque centrati con le quote, un meccanismo particolare che va spiegato bene. In pratica, non è necessario centrare completamente i requisiti secchi, ma basta sommare anche le frazioni di anno. In pratica, può accadere che un lavoratore riesca ad entrare negli scivoli, con 62 anni e 3 mesi di età, purché abbia 35 anni e 4 mesi di contributi versati (sarebbero 1836 settimane), in modo tale da completare quota 97,7 anche non avendo i canonici 62 anni e 7 mesi.