Dopo oltre 8 anni di blocco, parte ufficialmente la stagione contrattuale per il triennio 2016-2018, questo quanto stabilisce l’Aran, l’Agenzia per la contrattazione incaricata dal Governo e dal Ministro Madia per trattare con le parti sociali. Proprio l’Aran ha convocato i sindacati per dare il via al tavolo di discussione. La data di convocazione è martedì 27 giugno e sarà il primo atteso summit dopo l’ultimo svoltosi a fine 2016 quando Governo e sindacati siglarono una specie di intesa su quanto doveva essere fatto. La partita però sarà sicuramente lunga perché tanti sono i temi sul tavolo e soprattutto perché, proprio su alcuni temi, le parti, come si evince dalle dichiarazioni delle parti sociali, sembrano ancora distanti.

La posizione dei sindacati

Su alcuni temi centrali, come dicevamo, lo start della trattativa parte da posizioni distanti. In primo luogo, l’aumento da 85 euro al mese, aumenti medi e lordi a lavoratore. Già sulla definizione ci sono evidenti controversie, perché medi e lordi significa aumenti inferiori ad 85 euro e soprattutto diversi da lavoratore a lavoratore. I criteri di differenziazione saranno i primi punti da contrattare, soprattutto perché non è chiaro se gli aumenti dovranno entrare a far parte della componente fissa dello stipendio, o se tutti o parte di essi, rientreranno tra i premi di risultato dei dipendenti.

Dall’accordo dello scorso 30 novembre, gli aumenti sembravano essere tabellari, cioè finire nella base fissa del salario, come rimarca la Uil a voce del suo Segretario Foccillo.

L’atto di indirizzo che la Madia ha passato all’Aran, che poi è stato utilizzato dall’Agenzia per la convocazione e sarà utilizzato come base di partenza della trattativa, tra le righe dice il contrario e cioè che parte degli aumenti saranno premi di risultato appannaggio dei lavoratori virtuosi. Secondo quanto si legge dall’atto di indirizzo, la parte fissa che toccherà a tutti i lavoratori è quella proveniente dalle dotazioni finanziarie già in campo, quelle che i sindacati reputano insufficienti proprio alla luce della spesa da sostenere per garantire a tutti i lavoratori le 85 euro promesse.

In pratica, ai lavoratori toccherebbero 10 euro al mese per il 2016 e poco più di 35 euro al mese per il 2017, mentre per le 85 euro che si contano di erogare nel 2018, quando si stanzieranno altri soldi in manovra di Bilancio 2017, saranno solo i lavoratori più performanti a recepirli.

Una situazione ingarbugliata

Le trattative sul rinnovo affronteranno in primo luogo la parte della direttiva Madia che riguarda i criteri del merito e le misure di welfare aziendale, quelle che puntano a rafforzare la previdenza integrativa.

Argomenti importanti, ma che per alcune sigle sindacali, come la USB nel comparto scuola, finiranno per distrarre e togliere risorse al capitolo aumento vero e proprio. Sembra strano ma la sentenza della Consulta che sancì la bocciatura del blocco Fornero, sembra non essere presa in considerazione. A leggere la sentenza e soprattutto le motivazioni della stessa, i lavoratori tutti erano stati vittime di quel congelamento di stipendio, definito poi incostituzionale. Con l’idea di aumento del Governo sembra che non tutti i lavoratori siano stati puniti allo stesso modo dallo stesso blocco del contratto. Va bene il tanto sbandierato metodo meritocratico per la spartizione dei premi di risultato, ma il rinnovo e lo sblocco, non possono fare figli e figliastri. La pensano così tutte le parti sociali quasi all’unanimità e questo rimarcheranno nel primo step di trattativa.